Il Golfo di Aden segna l’ingresso nel Mar Rosso. Ogni anno transitano circa 33mila imbarcazioni. La narrazione di questi anni è che abbia rappresentato, assieme all’Oceano Indiano, un hot spot dell’attività piratesca.
Non è più così (se mai lo è stato). A certificarlo la dichiarazione dell’International Chamber of Shipping (Ics), che rappresenta l’80% della flotta mercantile mondiale.
Ai primi di agosto è uscita una sua dichiarazione in cui certifica che dal primo gennaio 2023 lo spazio marittimo del Golfo e dell’Oceano indiano, al largo del Corno d’Africa e della Somalia, perderà lo status di area ad alto rischio (High Risk Area – Hra).
Situazione che verrà certificata definitamente il 31 ottobre prossimo, dal Comitato per la sicurezza marittima dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo).
Una decisione inevitabile: non ci sono stati arrembaggi dal 2018. La missione EUNavFor Atalanta ricorda che «gli eventi legati alla pirateria sono diminuiti senza che siano stati registrati attacchi dal 2019, quando la forza navale è intervenuta per fermare un attacco pirata contro le motonavi FV Adria e FV Txori Argi, arrestando cinque sospetti e liberando l’equipaggio».
Per quasi 20 anni i pirati somali hanno lanciato attacchi contro navi commerciali nelle acque dell’Africa orientale, catturando centinaia di membri dell’equipaggio e generando riscatti per milioni di dollari. Le conseguenza sono state il balzo in alto delle tariffe assicurative e la presenza di guardie armate negli equipaggi delle navi.
Il culmine degli arrembaggi nel 2011
Nel 2008, il Consiglio dell’Unione europea aveva adottato un piano d’azione basato sulle risoluzioni delle Nazioni Unite, per istituire l’operazione militare marittima dell’Ue in Somalia. Conosciuta come Operazione Atalanta, la missione consisteva nella dissuasione, prevenzione e repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo delle coste somale.
Con il picco degli attacchi, nel 2010, la regione è stata designata “Area ad alto rischio”. Al culmine dell’attività piratesca, nel gennaio 2011, la forza navale dell’Ue aveva segnalato 736 ostaggi e 32 navi detenute dai pirati.
In questi anni, l’impegno navale internazionale è stato indirizzato soprattutto alla protezione delle navi commerciali del Programma alimentare mondiale. E già a partire dal 2013 gli attacchi sono diminuiti progressivamente.
La missione dell’Unione europea è stata prorogata fino a dicembre 2022.
Decaduta la risoluzione 2608 dell’Onu
La rimozione dell’Hra era nell’aria. Ed è stata anticipata dalla decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di lasciar decadere, senza rinnovarla a fine marzo 2022, la risoluzione 2608, il cosiddetto documento antipirateria. È il primo non rinnovo di quella risoluzione dal 2008.
Quell’atto aveva legittimamente consentito agli stati di intervenire nelle acque territoriali somale (entro 12 miglia dalle coste) per inseguire, intercettare, sequestrare e arrestare i pirati. Ora non è più possibile. Questo renderà difficile per le potenze straniere utilizzare la lotta alla pirateria per spiegare la loro presenza militare nella regione.
Ovviamente ciò non vuol dire che paesi come Stati Uniti, Giappone, Cina, Francia, Turchia, Italia saranno costretti a smantellare le loro basi a Gibuti. Anzi. Rimane strategica la presenza di navi militari straniere in quelle acque giudicate cruciali geopoliticamente.
Non è ammainata la bandiera dei pirati
Questo significa che è stata ammainata definitivamente la bandiera dei pirati nel Golfo di Aden e di fronte alle coste somale? No. L’assenza dei corsari in quell’area è rappresentativa, probabilmente, solo di una riduzione temporanea di attività. Non certo della loro fine. Per tante ragioni.
Innanzitutto, la pirateria rimane un indicatore di condizioni negative a terra: povertà, violenza, sottosviluppo, crisi ambientale, corruzione, alti livelli di disoccupazione; fattori che sono ancora presenti nella regione e che possono innescare nuovamente il fenomeno.
Inoltre, è improbabile che la Somalia possa migliorare rapidamente la sua capacità di garantire sicurezza marittima.
Così come i pesanti tagli alla voce aiuti esteri nei bilanci dei paesi occidentali, figli di un contesto economico globalizzato in crisi, faranno affluire sempre meno risorse nella casse di Mogadiscio.
Infine, la Somalia sta aumentando le prospezioni offshore per la ricerca di idrocarburi: probabilmente nel medio-lungo termine questo fatto potrebbe innalzare il volume degli obiettivi opportunistici da colpire.
Per questo, quando l’Hra non sarà più in vigore, le risorse aeree e marittime dell’Operazione Atalanta continueranno comunque a fornire valutazioni della minaccia per informare gli agenti di sicurezza degli armatori che pianificano il passaggio delle loro navi. Poiché «la pirateria è repressa ma non ancora sradicata».
(Articolo pubblicato sul numero di ottobre di Nigrizia)