Angola: Amnesty International lancia una petizione contro violenze della polizia - Nigrizia
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Dal 2020, sotto il regime João Lourenço, almeno 16 casi di manifestanti uccisi dalle forze dell’ordine sono rimasti impuniti. Un dato che riflette un livello record di repressione del dissenso dalla fine della guerra civile del 2002 ad oggi.
Angola: Amnesty International lancia una petizione contro violenze della polizia
20 Luglio 2023
Articolo di Luca Bussotti
Tempo di lettura 3 minuti
Il presidente dell'Angola Joāo Lourenço

Che la polizia angolana usi una violenza sistematica contro i cittadini che, con sempre maggiore frequenza, protestano per le strade e le piazze di tutto il paese non è una novità. Lo scenario negli ultimi anni, e ancora di più dopo la poco trasparente rielezione di João Lourenço dell’MPLA (Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola) alla presidenza della repubblica, è il peggiore dalla fine del conflitto civile nel 2002.

Non esiste una categoria professionale che non sia scesa in piazza e non abbia scioperato: medici, insegnanti, giovani, membri delle organizzazioni non governative, adesso taxisti e cittadini comuni, che schiumano rabbia per il rincaro di gas e benzina, in un paese che è oggi il primo produttore di petrolio dell’Africa

Se tutto questo non rappresenta una novità, ciò che deve essere inteso come una svolta all’interno del variegato mondo delle lotte anti-governative da parte della locale società civile è la posizione assunta da Amnesty International, e sostenuta da migliaia di militanti, con la parola d’ordine “Viva Amnesty International, viva i diritti umani, viva la democrazia, viva l’Angola”.

Violenza sistematica

L’attenzione di Amnesty International si è concentrata sugli episodi avvenuti durante il giugno scorso. In seguito all’aumento del costo di carburanti e gas, soprattutto nella provincia di Huambo, la repressione da parte della polizia è andata ben oltre limiti accettabili. Il dato certo, confermato da fonti governative, è che 5 manifestanti sono stati uccisi dalle forze dell’ordine, compreso un bambino di 12 anni, e altri 8 feriti gravemente, mentre altri 34 sono stati arrestati per aver partecipato alle manifestazioni di protesta. Tigere Chagutah, direttore di Amnesty International per l’Africa Orientale e Meridionale, ha dichiarato che il ricorso, da parte della polizia, ad armi e gas lacrimogeni per disperdere la folla dovrebbe essere l’ultimo strumento da utilizzare, e comunque sempre ai livelli minimi richiesti dalla situazione contingente

Atteggiamento simile è stato tenuto in occasione delle proteste, da parte dei rappresentanti delle organizzazioni governative nazionali, che hanno manifestato a Luanda a causa dell’approvazione – per il momento in prima lettura – della polemica legge sull’associazionismo da parte del parlamento angolano, il 25 maggio scorso. Quattro attivisti sono stati imprigionati per tre giorni e rilasciati a condizione di pagare una multa di 50.000 kwanzas (circa 80 dollari). Di fronte a tali fatti, Amnesty International ha promosso una mobilitazione e una petizione che sta riscuotendo ampio successo, diretta a garantire maggiore libertà di espressione e di manifestazione.

La petizione

Ma soprattutto, la petizione intende responsabilizzare il governo rispetto a terribili episodi del recente passato: fra marzo e novembre del 2020, Amnesty International – insieme all’associazione OMUNGA – ha individuato 11 casi di uccisioni di cittadini angolani da parte della polizia, di cui 8 adolescenti fra i 14 e i 17 anni. Fino a oggi, nessun processo è stato mosso contro i poliziotti protagonisti di tali atrocità, regnando sovrana l’impunità. In tal senso, Amnesty International ha lanciato una petizione per riaprire (o aprire ex novo) le indagini e i successivi processi contro i responsabili di queste morti, che tuttavia non hanno fermato la violenza della polizia angolana. Uno degli obiettivi della petizione e di campagne dello stesso segno già programmate è, secondo Paulo Fontes, della direzione portoghese di Amnesty International, svelare all’opinione pubblica internazionale i tratti autoritari del regime di intolleranza di João Lourenço e dell’MPLA, nella speranza che ciò possa determinare un cambiamento di atteggiamento da parte dell’esecutivo. Una speranza che al momento appare lontana, se si pensa che João Lourenço soltanto pochi giorni fa è stato accolto da vari governi, fra cui quello italiano, come una vera e propria star della politica africana.

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