Isabel dos Santos torna ad accusare il presidente dell’Angola João Lourenço. Secondo l’imprenditrice figlia dell’ex presidente Eduardo dos Santos, un tempo a capo di un impero da miliardi di dollari e ora al centro di indagini per corruzione, appropriazione indebita e altri reati in almeno quattro paesi, i procedimenti giudiziari della magistratura angolana nei suoi confronti sono parte di un piano del presidente per ottenere più popolarità e aprirsi la strada per un terzo mandato, un’eventualità non consentita dalla Costituzione ma di cui nel paese si dibatte da diversi mesi.
Dos Santos, la donna più ricca d’Africa secondo la rivista Forbes prima che Angola e Portogallo decidessero di congelargli beni e conti bancari fra il 2020 e il 2021, si è spiegata in un’intervista fiume di due ore con l’emittente radiofonica privata Radio Essencial.
Il colloquio con i cronisti angolani segue la pubblicazione, da parte dell’agenzia lusofona Lusa, delle accuse emesse contro l’imprenditrice dalla Procura di Luanda nell’ambito di un’indagine per reati da lei commessi fra il 2016 e il 2017, quando era alla guida dell’impresa petrolifera di stato, la Sonangol. L’inchiesta è partita nel 2020 e adesso sono stati resi noti i capi d’accusa formali, ben 12. Si va da appropriazione indebita ad associazione per delinquere fino a traffico d’influenze e frode fiscale.
Dos Santos è indagata insieme ad altre quattro fra persone ed enti, fra i quali l’ex amministratore finanziario della Sonangol Sarju Raikundalia e la società di consulenza PWC, una delle “quattro grandi” del settore a livello mondiale. Il processo dovrebbe partire fra circa dieci giorni, secondo quanto affermato dal procuratore generale, Hélder Pitta Groz.
Stando a quanto riporta Lusa, dall’atto di accusa pubblicato da Luanda emerge che gli imputati hanno causato allo stato angolano una perdita di quasi 210 milioni di dollari. Solo in stipendi si sarebbero dileguati oltre 13 milioni di dollari. Il salario mensile di dos Santos, come da lei stessa confermato a Radio Essencial, era di circa 50mila dollari al mese.
Un processo politico
Per dos Santos, il processo relativo agli anni alla guida di Sonangol è tutto politico, il procedimento giudiziario è una manovra diversiva. «Non c’è dubbio che João Lourenço voglia un terzo mandato, e fa tutto questo per ottenere più popolarità», ha affermato ai microfoni di Radio Essencial. «È parte della sua agenda per un terzo mandato, per poter cambiare la Costituzione e togliere di mezzo chiunque non la pensi come lui».
In Angola le ultime elezioni presidenziali si sono svolte nel 2022 e le prossime sono previste nel 2027. Lourenço non ha mai espresso ufficialmente l’intenzione di volersi ricandidare e di superare così i due mandati concessi dalla Costituzione. Nonostante questo, il tema è stato più volte affrontato dai media locali e internazionali, che hanno anche rilanciato indiscrezioni che puntano verso la possibilità che il capo dello stato voglia rimanere al potere il più a lungo possibile.
Nell’intervista dos Santos, che non è certo nuova ad accuse contro l’attuale presidente, succeduto al padre nel 2017, punta il dito anche contro l’ex vice presidente della repubblica ed ex guida di Sonangol Manuel Vicente, ritenuto vicino a Lourenco. L’imprenditrice si chiede come mai Vicente non sia mai stato indagato nonostante i presunti numerosi sprechi avvenuti durante la sua gestione di Sonangol, che all’epoca versava in pessime condizioni finanziarie.
Non da ultimo, dos Santos, parlando del congelamento dei suoi beni, ha accusato la giustizia portoghese di sottomettersi ai voleri del governo angolano.
I Luanda Leaks
I mesi passati alla guida di Sonangol sono solo una parte della lunga ascesa di Isabel dos Santos, che adesso ha 51 anni e che ha ottenuto dal padre la prima quota di un’impresa statale quando ne aveva solo 26, nel 1999. Le numerose ombre della sua traiettoria imprenditoriale sono state raccontate nel dettaglio in una vasta inchiesta giornalistica internazionale pubblicata nel 2020, denominata Luanda Leaks e all’epoca rilanciata anche da Nigrizia.
Nella pagine dell’inchiesta si spiega come dos Santos abbia costruito la sua fortuna, che è arrivata a superare i due miliardi di dollari, sottraendo negli anni centinaia di milioni di dollari di fondi statali dalla casse di Luanda. La donna, insieme al marito, il magnate danese-congolese Sindika Dokolo, deceduto nel 2020, ha sviluppato negli anni una rete di centinaia di società di comodo consociate in tutto il mondo, tramite le quali ha ottenuto dallo stato angolano miliardi di dollari di contratti pubblici, licenze, consulenze e prestiti.
Oltre che in Angola, casi giudiziari contro dos Santos sono in corso in Portogallo, dove si trovava una porzione considerevole della sua fortuna, Paesi Bassi e Gran Bretagna. Nel novembre 2020 l’Organizzazione internazionale della polizia criminale, più nota come Interpol, ha emesso su richiesta dell’Angola una red notice per la sua cattura. Tramite questo avviso l’Interpol invia alle forze dell’ordine di tutto il mondo una richiesta di individuare e arrestare provvisoriamente una persona in attesa di estradizione, consegna o azioni analoghe.