Il governo angolano, per bocca del suo ministro dei trasporti, Ricardo de Abreu, ha annunciato di voler bruciare le tappe, risalendo la china di una classifica internazionale oggi impietosa: il paese occupa il 162º posto su 163 paesi rispetto all’indice logistico della Banca mondiale. E, ranking a parte, la popolazione soffre sempre di più per una strutturale penuria di trasporti pubblici, in particolare nella capitale Luanda.
I provvedimenti adottati, anche per dimostrare una sorta di attivismo governativo in vista delle elezioni previste per il prossimo anno, sono stati tre: il primo riguarda la allocazione – entro maggio del 2022 – di 436 autobus per il trasporto pubblico locale nella capitale, portando così la flotta disponibile dagli attuali 314 a 750.
Per il momento, dei 45 nuovi autobus articolati di lusso già distribuiti a tre operatrici, la pubblica Tcul (Trasporto Colletitvo Urbano di Luanda) e le private Angoreal e Macon, soltanto la prima ha immesso sul mercato i primi 12 (dei 15 a essa assegnati), servendo due rotte nel territorio comunale di Luanda.
Il secondo provvedimento consiste nel miglioramento del trasporto di merci, mediante la costruzione, entro il 2038, di 21 nuovi centri logistico-intermodali. L’investimento si aggira, secondo dichiarazioni fatte dal ministro Abreu, intorno ai 450 milioni di dollari.
Il ministro ha anche sottolineato l’urgenza di questo imponente investimento giustificandolo col fatto che l’Angola spende, annualmente, il 16,7% del proprio Prodotto interno lordo (Pil) per i costi di trasporti e logistica, ossia il doppio rispetto a quanto succede nei paesi economicamente più avanzati.
I nuovi nodi logistici rappresentano una scommessa anche strategica dell’Angola, che intende diventare un hub attrattivo per tutta l’area dell’Africa Australe.
Infine, la terza misura adottata viene direttamente dal palazzo presidenziale. João Lourenço, infatti, ha firmato un decreto, il numero 215/21, che autorizza l’acquisto di 1.500 scuolabus, da destinare a tutte le province, per un investimento pari a 136,6 milioni di dollari.
È proprio questo l’intervento di maggiore urgenza e che sta suscitando polemiche da parte degli oppositori di João Lourenço e del suo partito, il Movimento popolare per la liberazione dell’Angola (Mpla), che di recente lo ha candidato a correre per un secondo mandato.
Sulla commessa l’ombra di Sassou-Nguesso
L’ultima legge finanziaria approvata aveva sì previsto l’acquisto di questa imponente flotta di scuolabus, ma con limiti di spesa ben precisi: 15 milioni di dollari. Tuttavia, nei primi due trimestri dell’anno, l’importo è lievitato, arrivando a una spesa (già eseguita) di 112 milioni di dollari, ossia il 600% in più rispetto a quanto inizialmente preventivato.
Se procedure di dilatazione delle spese per il procurement pubblico sono usuali in Angola, di solito giustificate col loro carattere di urgenza, ciò che fa insospettire ancora di più è la società privata beneficiaria di questa importante commessa.
Si tratta della Asperbras, compagnia con sede ufficiale a Luanda, ma che ha, come proprio socio di maggioranza, la Asperbras Development LLP, con sede presso le Isole Vergini Britanniche, uno dei principali paradisi fiscali al mondo, i cui azionisti sono i brasiliani José Roberto e Francisco Carlos Colnaghi.
In realtà, dietro quest’ultima società ci sarebbe il figlio dell’eterno presidente della Repubblica del Congo, Christel Sassou-Nguesso. Il presidente Denis Sassou-Nguesso, insieme al presidente del Kenya e a quello del Togo, sono gli unici tre capi di stato africani coinvolti nel recente scandalo dei Pandora Papers, accusati di dilapidare il patrimonio pubblico a beneficio proprio e delle proprie famiglie.
Il figlio, Christel Sassou-Nguesso avrebbe utilizzato, a suo tempo, fra il 2018 e il 2019, proprio la Asperbras per “lavare” 50 dei 600 milioni di dollari prelevati direttamente dall’erario pubblico, evidentemente con l’autorizzazione del padre.
Il transito dei soldi dalle Isole Vergini sarebbe servito affinché il denaro giungesse a Cipro, dove Christel Sassou-Nguesso avrebbe proprie imprese, che gli avrebbero permesso di realizzare investimenti molto significativi in Europa, soprattutto Portogallo, Polonia e Spagna.
Incompetenza e malaffare
Le perplessità sull’acquisto, da parte del governo angolano, dei 1.500 scuolabus forniti dalla società Asperbras apre, quindi, un nuovo fronte di polemiche politiche nel paese: in primo luogo, ciò che sta in causa è la scarsa o nulla capacità previsionale di ministri e funzionari rispetto ad acquisti di mezzi di trasporto già previsti sin dall’inizio dell’anno, e necessari per tutto il sistema scolastico del paese.
Uno scostamento così significativo non appare giustificabile in alcun modo, chiamando in causa la competenza tecnica, così come l’etica pubblica. In secondo luogo, vale la pena sottolineare come proprio un’etica pubblica più accettabile e la lotta contro la corruzione da parte dell’attuale presidente abbiano perso di forza col passare degli anni.
Se, inizialmente, la bandiera (anche elettorale) di João Lourenço era la lotta alla corruzione e all’impunità che aveva caratterizzato i decenni del governo dos Santos, oggi i risultati ottenuti appaiono modesti. Lo stato angolano non si è ancora liberato dalla morsa di pratiche opache, affari privati fatti con denari pubblici e relazioni “pericolose” con società e personaggi internazionalmente nell’occhio del ciclone, come quasi tutti i membri della famiglia Sassou-Nguesso.
Se, fra il 2018 e il 2019, l’indice di corruzione dell’Angola era sceso di qualche posizione, fra il 2019 e il 2020 esso è tornato a salire, indizio chiaro di come il tentativo di Lourenço stia ormai fallendo, anche per l’atavica famelicità di una classe dirigente, quella legata al suo partito, l’Mpla, che non può fare a meno di schemi corruttivi nazionali e internazionali per garantirsi esistenze a dir poco lussuose.
Così, un tema cruciale per elevare la qualità di vita delle popolazioni locali, come il trasporto pubblico, è diventata l’ennesima occasione per drenare ingenti risorse da un bilancio dello Stato che lesina giusti aumenti salariali ai professori universitari, o nella disastrata sanità pubblica, ma che moltiplica i propri centri di spesa, a seconda di interessi privati, dalla natura neo-patrimonialistica e cleptocratica.