C’è stato molto simbolismo nella visita del presidente uscente americano in Angola, Joe Biden.
Come ricorda Gilson Lázaro, professore associato presso l’Università Agostinho Neto, tale simbolismo non deve essere ascritto esclusivamente al fatto che questa sia stata la prima visita di un presidente statunitense in questo importante paese africano dal 1975, data della sua indipendenza; o anche, che, dai tempi di Barak Obama (2015, visita in Etiopia), il numero uno della Casa Bianca non faceva capolino in territorio africano.
Anche la location scelta per chiudere questo storico viaggio ha avuto un elevato significato simbolico: il Museo nazionale della schiavitù.
Qui, Biden ha ricordato la tragedia della deportazione di milioni di schiavi dall’Angola (e da tutta l’Africa occidentale) verso gli Stati Uniti, definendo questo lungo episodio della storia come «crudele, brutale, disumanizzante». E promettendo di finanziare con 229mila dollari la ristrutturazione del Museo.
La logica usata da Biden è stata “riparatoria”, cercando di rafforzare i legami fra i due paesi, e dando una mano affinché la memoria della schiavitù e dei suoi orrori non venga cancellata.
Il business, oltre al simbolismo
A farci tornare coi piedi per terra sono, però, ancora le parole del sociologo Gilson Lázaro: «L’interesse americano verso l’Angola – ricorda il docente – viene da prima dell’indipendenza. Infatti, nonostante la scelta dell’MPLA (partito da sempre al potere nell’Angola indipendente) di schierarsi dalla parte dell’URSS e di Cuba nel periodo della guerra fredda, poi, negli ultimi venti anni, di diventare uno dei paesi di maggior riferimento in Africa della Cina, le compagnie petrolifere americane hanno da sempre fatto affari in questo territorio».
Gulf-Oil, diventata poi Chevron-Gulf ha per lunghi anni avuto il dominio dell’estrazione di petrolio angolano a Cabinda, anche quando, una volta ottenuta l’indipendenza, Washington non riconobbe la nuova nazione angolana.
I rapporti bilaterali di tipo diplomatico fra i due paesi vennero ufficialmente stabiliti soltanto nel 1993, mentre quelli economici non sono mai stati interrotti.
La visita di Biden, oltre alla parte “romantica”, ha quindi avuto un chiaro significato economico, cercando di ipotecare il futuro delle relazioni bilaterali fra i due paesi anche nei confronti della presidenza Trump.
La promessa del presidente americano uscente è stata di stanziare un miliardo di dollari nei confronti della sicurezza alimentare e dei rifugiati africani in 31 paesi del continente, oltre ai 6,6 già spesi quest’anno, informando anche di voler richiedere che il Corridoio di Lobito, l’infrastruttura più significativa in questo momento in tutta l’Africa australe, venga riconosciuto come Patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO.
Proprio il Corridoio di Lobito rappresenta, oggi, il maggiore interesse americano in Angola, anche in ottica anti-cinese.
Non a caso, alcuni dei giornali più prestigiosi degli Stati Uniti hanno sottolineato proprio questa circostanza: nella vasta area fra Angola, Zambia e Congo Orientale si trovano alcuni fra i giacimenti più significativi di terre rare, necessari sia per la transizione ecologica in generale e, soprattutto, per garantire la diffusione, nel mercato mondiale, delle auto elettriche.
Un tema a cui Trump non sarà certamente insensibile, e che continuerà a coltivare anche passando per un rapporto privilegiato con l’Angola.
João Lourenço e i dividendi interni della visita di Biden
Fra memoria storica e grandi business, i risvolti di politica interna angolana non devono essere trascurati.
Come ancora ha ricordato il prof. Gilson Lázaro, «il presidente João Lourenço non gode, in Angola, di una grande popolarità in questo momento. Per questo ha cercato di sfruttare a proprio vantaggio gli enormi ritorni di immagine che la visita di Biden gli sta portando, nonostante la capitale, e in parte Benguela, dove il presidente americano si è recato, per tre giorni siano state prese d’assalto dalle truppe di sicurezza angolane e, ancora di più, da quelle americane, che pattugliavano continuamente il cuore di Luanda».
Insomma, l’Angola al centro del mondo per quasi una settimana non è merce di tutti i giorni, con l’elevata probabilità che quella di Biden sia stata una visita che potrebbe fare da apripista rispetto a un rinnovato interesse di Trump per l’Angola e per tutta l’area circostante.
Il tutto, magari, smentendo le previsioni dell’UNITA (il maggior partito di opposizione), secondo le quali il nuovo presidente americano potrebbe voler punire coloro che effettuano “golpe costituzionali”, come sarebbe il caso del presidente João Lourenço, accusato di brogli elettorali nelle elezioni passate (2022) e di cambiamenti legislativi contrari ai principi della Costituzione.