Almeno 5,5 miliardi di dollari per aiutare 61 milioni di persone a far fronte alla peggiore siccità degli ultimi 100 anni secondo le Nazioni Unite, già emergenza nazionale in Zimbabwe, Zambia e Malawi.
Sono la cifra e la portata dell’appello umanitario che i capi di stato e di governo della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (SADC) hanno lanciato a comunità internazionale e donatori al termine di un summit straordinario che si è tenuto in settimana.
La siccità che sta colpendo i paesi dell’Africa meridionale è una delle conseguenze di El Niño, un fenomeno climatico ciclico che causa un aumento della temperatura di superficie delle acque dell’Oceano Pacifico centro-meridionale e orientale e che innesca un effetto domino di eventi estremi in tutto il mondo. L’Africa australe è tradizionalmente una delle regioni più colpite e al contempo delle più vulnerabili ai cambiamenti climatici, che pure acuiscono con forza le conseguenze di questo fenomeno. Gli effetti del Niño nella regione si manifestano principalmente con una diminuzione sensibile delle precipitazioni in alcune aree. Altre zone sono state invece interessate da tempeste e cicloni.
La richiesta di aiuto
Il messaggio che la SADC ha rivolto al mondo è partito dal presidente dell’Angola João Lourenço, leader di turno dell’organizzazione regionale, che comprende 16 paesi. «La crisi umanitaria prodotta dalla siccità indotta dal Niño e le inondazioni hanno avuto un impatto negativo sulla vita di 61 milioni di abitanti della nostra regione», premette il capo di stato angolano, che prosegue: «Lancio un appello umanitario per 5,5 miliardi dollari che ci serviranno a sostenere le necessità della nostra popolazione e un piano di risposta ai disastri» che su questa si stanno abbattendo.
Il messaggio di Lourenço è rivolto ai governi e ai privati ed è indirizzato in modo particolare agli stessi paesi della Sadc che sono nelle condizioni di poter dare una mano visto che, ha sottolineato il presidente, «l’aiuto parte da casa». Uno spazio dell’appello è dedicato anche ai media, a cui si chiede di «usare» la loro influenza per «far conoscere i bisogni delle popolazioni colpite e attirare l’attenzione della comunità internazionale sull’urgenza e la portata dell’intervento umanitario richiesto».
Il primo sintomo della crisi si manifesta nel settore agricolo. Nei paesi colpiti il volume di grano raccolto è stato molto inferiore a quello necessario a soddisfare il fabbisogno della popolazione e di conseguenza il prezzo di molti generi alimentari è aumentato in modo spaventoso. Stime del governo dello Zimbabwe indicano che sarà necessario importare circa metà di tutto il grano utile a coprire le necessità degli abitanti, ovvero oltre un milione di tonnellate. Per ora, stando a dati ufficiali rilanciati dal quotidiano filo-governativo The Herald, nei primi tre mesi dell’anno Harare ha comprato dall’estero 400mila tonnellate di grano per una spesa totale di circa 128 milioni di dollari, il 6% del totale dei costi d’importazione per il paese.
Le tre crisi più gravi
Nei giorni scorsi il presidente Emmerson Mnangagwa ha affermato che lo Zimbabwe necessiterà di due miliardi di dollari per garantire la sicurezza alimentare della popolazione mentre, sempre secondo governo e Programma alimentare mondiale (PAM/WFP), le persone ad avere bisogno di assistenza per poter mangiare sono circa 2,7 milioni, un sesto dei poco più di 16 milioni di abitanti del paese.
Versa in condizioni simili anche il Malawi. La siccità provocata dal Niño ha causato un calo del 23% del raccolto rispetto alla media degli ultimi cinque anni, secondo quanto calcolato dal PAM. Nove milioni di persone sui 20 milioni di abitanti del Malawi potrebbero soffrire di insicurezza alimentare acuta entro la fine dell’anno. Nel dichiarare l’emergenza nazionale, il governo di Lilongwe ha quantificato in 449 milioni di dollari le necessità del paese per far fronte all’emergenza. Il Malawi deve ancora riprendersi dagli effetti del ciclone Freddy che si è abbattuto sul paese nel 2023 causando la morte di 1.200 persone e la distruzione di centinaia di migliaia di ettari di terreno agricolo.
Un paese che avrebbe tutte le carte in regola per fare da “granaio” della regione è lo Zambia, che già in passato è riuscito a resistere alle conseguenze del Niño con maggiore efficacia dei suoi vicini. Quest’anno, purtroppo, le cose stanno andando diversamente. Lusaka ha dichiarato emergenza nazionale a febbraio mentre il presidente Hakainde Hichilema ha chiesto circa 900 milioni di dollari di aiuti per tentare di arginare le conseguenze della mancanza di piogge. Negli ultimi mesi il numero di persone sostenute dal PAM è raddoppiato, sfiorando il milione, mentre secondo il presidente quasi metà della popolazione è colpita dalla siccità.
Oltre a questi tre paesi, anche Botswana, Lesotho e parti di Namibia, Angola, Sudafrica e Madagascar stanno patendo le conseguenze della diminuzione delle precipitazioni. Secondo il PAM, non è da escludersi che altri paesi dell’Africa australe siano costretti a dichiarare emergenza nazionale nelle prossime settimane.