In Guinea è mobilitazione totale: tutte le maggiori sigle sindacali del paese hanno infatti indetto a partire da lunedì 26 febbraio uno sciopero «generale e illimitato» in tutti i settori, pubblico e privato. Fra le istanze principali dell’iniziativa c’è la richiesta di rilascio di Sékou Jamal Pendessa, segretario generale del Sindacato dei professionisti della stampa della Guinea condannato oggi a sei mesi di carcere – con tre mesi di pena sospesa – con le accuse, fra le altre, di partecipazione criminale a un raduno e violazione dell’ordine pubblico.
L’annuncio della serrata è arrivato ieri. Amadou Diallo, massimo dirigente della principale sigla del paese, la Confederazione Nazionale dei Lavoratori della Guineaa (CNGT), ha esortato tutte le strutture di base a «osservare scrupolosamente la parola d’ordine dello sciopero fino alla risoluzione» delle varie questioni presentate dai sindacati. Fra le quali, oltre alla scarcerazione di Pendessa, c’è la richiesta di misure contro l’alto costo della vita e la rimozione delle restrizioni alla rete internet che il governo ha imposto tre mesi fa. Il sindacalista condannato oggi era stato arrestato a gennaio proprio nel corso di una protesta contro questa misura, che si era andata ad aggiungere alla sostanziale interdizione di tutte le manifestazioni che in Guinea vige dal 2022.
In realtà, segnala la stampa internazionale francofona, le limitazioni all’utilizzo della rete sarebbero state rimosse nella notte fra ieri e oggi, a sciopero già proclamato ma prima della condanna a Pendessa.
Il novero delle realtà che parteciperà alla mobilitazione sindacale intanto si sta espandendo. Oggi, in una nota, la Federazione Autonoma dei Sindacati delle Banche e delle Assicurazioni della Guinea (FESABAG), ha invitato tutti i lavoratori del settore a «rimanere a casa». Quello che partirà la prossima settimana è il primo sciopero generale da quando militari hanno preso il potere con un colpo di stato.
Sciolto il governo, transizione incerta
La serrata inoltre, giunge nel pieno di una fase turbolenta della vita politica guineana. Giorni fa infatti, la giunta militare ha sciolto il governo senza fornire ragioni specifiche. La compagine guidata dal generale Mamadi Doumbouya ha anche imposto delle misure punitve nei confronti di alcuni esponenti dell’esecutivo.
A fare da sfondo a tutti questi provvedimenti, la transizione verso un governo civile che inizialmente doveva essere di breve durata ma che nel maggio 2022 è stata riconvertita in una fase lunga ben tre anni, ridotti in un secondo momento a due dopo un accordo con la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedao). Secondo indiscrezioni rilanciate dal portale regionale African Intelligence però, l’obiettivo dei militari al potere a Conakry sarebbe quello di riportarla a tre anni, estendendola fino al 2025.
Il golpe del 2021 ha messo fine ai dieci anni di governo di Alpha Condè, che pochi mesi prima del putsch era stato eletto per un controverso e contestato terzo mandato, e inizialmente è stato accolto con soddisfazione da parte della popolazione. L’interevento delle forze armate si è verificato nel pieno di un’ondata di golpe che ha visto i militari prevalere anche in Mali, Burkina Faso e Niger.
Conakry è stata sospesa dall’ECOWAS/CEDEAO e sottoposta a sanzioni, che sono state tolte (insieme a quelli imposte a Mali, Niger e Burkina Faso) il 25 febbraio. Nel paese il 44% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.