Sono 26 i paesi francofoni presi in esame dal nuovo report redatto dall’Agenzia francese di sviluppo (Afd). Solo due però quelli con i requisiti necessari per essere ritenuti liberi sul piano digitale, ovvero Seicelle e Maurizio. In tutti gli altri 24, le condizioni appaiono migliorabili o tragiche.
L’avvento di internet e la tecnologia digitale in genere hanno creato uno spazio di (in teoria) libera informazione senza precedenti. Un luogo unico nella storia per l’espressione democratica. Proprio per questo, molti governi in tutto il mondo si sono attrezzati per promulgare leggi che limitino, spesso il più possibile, tutta questa libertà di utilizzo, secondo quello che viene definito “l’autoritarismo digitale”. Una nuova ondata di repressione il cui fine è tenere sotto controllo il più possibile il mondo della rete.
Oltre a valutare la possibilità di accesso alla rete da un punto di vista infrastrutturale ed economico e il divario di genere nell’utilizzo, il report prende in esame le leggi, le limitazioni imposte ai contenuti (blocco o filtraggio) e gli eventi correlati degli ultimi anni per attribuire un punteggio ai singoli paesi.
I punti e la classifica sono così ripartiti:
A: punteggi che vanno da 81 a 100 punti, dove le libertà digitali sono rispettate e il paese è considerato libero.
B: punteggi da 56 a 80 punti, dove libertà digitali sono parzialmente rispettate e il paese è considerato parzialmente libero.
C: punteggi da 31 a 55 punti, dove libertà digitali sono particolarmente in difficoltà e il paese è considerato parzialmente non libero.
D: punteggi da 0 a 30 punti, dove le libertà digitali sono in grave difficoltà e il paese è considerato non libero.
Dietro a Maurizio e Seicelle, che conquistano rispettivamente ben 96 e 84 punti, gli altri paesi arrancano. Solo sei rientrano nella categoria B (e in alcuni casi per un pelo: sono Benin, Comore, Costa d’Avorio, Marocco, Senegal e Tunisia.
Disastrosa invece la situazione in 7 paesi, il cui picco più basso è toccato dalla Guinea Equatoriale, con soli 6 punti, seguito dal Ciad, 11 punti e Gibuti, 20. Molto significativo che nella rosa dei peggiori, con 30 punti sia inserito anche il Rwanda, il cui quadro legislativo viene definito “particolarmente repressivo”.
Per aver insultato o deriso il presidente Paul Kagame sui media si rischiano fino a 7 anni di carcere, per non parlare della multa che va da 1 a 3 milioni di franchi per chiunque diffonda sui social messaggi che incitino alla paura, all’insurrezione o alla violenza.
A “pari merito”, sempre con 30 punti, anche Burundi, Camerun e Repubblica Centrafricana.