Lo scorso 29 luglio (risoluzione 2588) il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha prorogato l’embargo sulle armi destinate alla Repubblica Centrafricana (Rca) fino al 31 luglio 2022. Un embargo che dura da otto anni.
Non è stata una sorpresa e tuttavia negli ambienti politici e nelle associazioni della società civile si critica duramente questa decisione. Si ritiene che all’esercito di un paese in preda all’instabilità e con ampi settori del territorio controllati da gruppi ribelli debba essere data la possibilità di rifornirsi di armi
E invece quindici membri permanenti del Consiglio di sicurezza, quattordici hanno votato a favore della proroga dell’embargo, ad eccezione della Cina, che si è astenuta, affermando che il mantenimento dell’embargo costituisce «un ostacolo agli sforzi del governo centrafricano» per il consolidamento della pace e della sicurezza
A Bangui, nei palazzi del potere – il presidente Faustin-Archange Touadéra ha iniziato a fine marzo di quest’anno il suo secondo mandato – è la collera a farla da padrona. Una voce di palazzo afferma: «Non capiamo questo voto. Abbiamo fatto tutto quello che ci è stato chiesto. Stiamo ricostruendo le forze armate per schierarle nei focolai di crisi. Ma con quali mezzi? Quella dell’Onu è una decisione inamissibile e deludente».
Più volte negli ultimi mesi gruppi di cittadini centrafricani hanno fatto sentire la loro voce davanti alla sede della Missione Onu un Centrafrica (Minusca, attiva dal 2014 e al centro di polemiche sulla sua efficacia). Ma le loro proteste non sono servite. E nelle strade della capitale e sui social network ci si stupisce non poco che il principale alleato della Rca, la Federazione Russa non abbia fatto uso del suo diritto di veto.
La Russia, che aveva ottenuto un’attenuazione dell’embargo nell’ottobre 2020 e fornito mercenari al Centrafrica, non aveva esitato a scavalcarlo fornendo materiale militare così da consentire alle forze armate centrafricane di affrontare la Coalizione dei patrioti per il cambiamento (Cpc) e di rompere, lo scorso 13 gennaio, l’accerchiamento che attanagliava la capitale.
Anche il presidente angolano, João Manuel Gonçalves Lourenco, a nome della Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi aveva chiesto all’Onu, l’abrogazione delle sanzioni, «nel momento in cui l’epicentro del terrorismo internazionale si è spostato dal Medio Oriente all’Africa».
I gruppi armati aggirano il divieto
Una fonte vicina all’ambasciata francese a Bangui sostiene invece che «l’embargo non impedisce alla Rca di approvvigionarsi di alcuni mezzi di difesa. Vuole invece impedire che i gruppi armati si impossessino di un vero e proprio arsenale da utilizzare contro i civili, le forze armate centrafricane e la Minusca. Inoltre, le autorità della Rca possono continuare a formare l’esercito».
I mezzi di difesa autorizzati di cui parla questa fonte sono i mortai da 60 mm. Ma non sono sistemi d’arma sufficenti, secondo un esponente dell’opposizione centrafricana. Martin Ziguélé, presidente del Movimento della liberazione della Rca (Mlpc): «Anche se il Consiglio di sicurezza ha alleggerito l’embargo, permettendo alla Rca di dotarsi di mortai, il rinnovo delle sanzioni non fa altro che compromettere le forze di difesa centrafricane. Perché di fronte a un esercito sprovvisto di armi adeguate si trovano gruppi ribelli pesantemente armati».
Anche la società civile ha una posizione inflessibile. Secondo il Gruppo di lavoro della società civile (Gtsc) sulla crisi del paese, il Consiglio di sicurezza non doveva prorogare la sanzione «Abbiamo chiesto al Consiglio di sicurezza di porre fine a questo embargo ingiusto e di darci l’opportunità di difendere da noi stessi e la nostra patria. Le forze armate centrafricane ben equipaggiate costituiscono una garanzia per la nostra sicurezza e lo sviluppo. Il popolo centrafricano ha il diritto di difendersi. E nessuno dovrebbe privarci di questo diritto».
Va effettivamente rilevato che l’embargo, in vigore da otto anni, non ha impedito ai ribelli di di approvvigiobarsi di armi. Ciò che si vede sul terreno fa rabbrividire. I gruppi armati si riforniscono impunemente dai paesi vicini. E ciò è risaputo dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.