Grandi manager con esperienza nel settore delle multinazionali e poi religiosi, sportivi e artisti, nati sia negli Stati Uniti sia in Africa. È la composizione di un comitato di consulenti volontari voluto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden per “rafforzare il dialogo” fra il governo e la diaspora africana. E magari anche per far valere il peso dei legami di quest’ultima nell’agone politico ed economico internazionale.
La formazione dell’ente, denominato Consiglio consultivo del presidente sul coinvolgimento della diaspora africana negli USA, è stata resa nota dalla Casa Bianca ieri. L’iniziativa rientra fra gli impegni annunciati lo scorso dicembre dalla vicepresidente Kamala Harris nell’ambito di un summit con i leader africani che si è svolto nella capitale statunitense.
Secondo il comunicato della Casa Bianca, il consiglio mira appunto a incrementare il rapporto con la diaspora africana, che “comprende i discendenti dei neri americani ridotti in schiavitù” e che “sostiene da tempo la prosperità del continente africano e della sua popolazione, oltre a rafforzare la relazione unica” con Washington.
Crescono i migranti dall’Africa
Negli ultimi vent’anni negli USA il numero dei migranti residenti che provengono dall’Africa è più che triplicato, passando dai 600mila del 2000 ai 2 milioni circa del 2019, come evidenziato in un report del centro studi Pew Research Center. Ad aumentar anche l’incidenza sul totale dei migranti “neri”, termine usato nel censimento stilato dal governo, ancora provenienti per lo più dalla regione dei Caraibi.
Secondo le proiezioni elaborate dal Pew, il numero di migranti “neri” è destinato ad aumentare in modo significativo, arrivando a 9,5 milioni di persone entro il 2060 e al 16% del totale dei migranti contro l’attuale 10%. Allo stato attuale, un cittadino afroamericano su cinque o è migrante o figlio di migranti.
Tutti dati che hanno evidentemente contribuito a spingere l’amministrazione Biden verso la creazione del consiglio. L’ente ha un mandato di due anni ed è costituito da 12 persone, sei donne e sei uomini, tutte con origini africane o nate in paesi del continente, come Nigeria o Eritrea.
Business oriented?
Il criterio che ha informato l’individuazione dei membri sembra essere molto orientato al business. Se è vero che che il presidente del consiglio è un religioso, il vescovo della Chiesa metodista episcopale africana Silvester Beaman, e che non mancano leader dell’attivismo, come l’ex presidente della Open Society Foundations Patrick Gaspard, è altrettanto vero che molte delle persone selezionate provengono dal mondo degli affari. È il caso del banchiere Osagie Imasogie, del dirigente della PepsiCo Foundation C.D. Glin e di Rosalind Brewer, esperienze da dirigente in Starbucks e Walmart.
La componente più nota al grande pubblico è forse Viola Davis, premio Oscar come miglior attrice non protagonista nel 2017 per il film Barriere, da sempre impegnata nell’attivismo e la filantropia. Fra i consulenti voluti da Biden anche la stella della WNBA e commentatrice sportiva con cittadinanza statunitense e nigeriana Chiney Ogwumike.
Il profilo dei membri del consiglio fa pensare alla volontà di investire molto sul potenziale economico dei legami con la diaspora. Un tesoro che potrebbe avere un impatto geopolitico serio, come sottolinea l’analista e scrittore camerunese Yaya Moussa all’emittente statale USA Voa. La diaspora di origine africana offre un «ruolo potenzialmente forte nella competizione per il soft power» in Africa, ragiona l’esperto. Questo legame, prosegue, «semplicemente non esiste in Cina e Russia, i maggiori rivali strategici degli USA in Africa».