La blockchain regolarizzerà il mercato delle terre rare? Speranze dalla Rd Congo - Nigrizia
Congo (Rep. dem.) Economia Politica e Società Tecnologia
Nel paese un progetto imprenditoriale traccerà il percorso fatto dai metalli, dall’estrazione fino alla grande industria
La blockchain regolarizzerà il mercato delle terre rare? Speranze dalla Rd Congo
Controllare la catena di approvvigionamento può ridurre la violenza e le violazioni dei diritti umani
02 Luglio 2024
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 6 minuti
Fonte Planet Labs satellite image

Secondo le stime di Bloomberg New Energy Finance entro il 2040 tre quarti dei nuovi acquisti per la mobilità privata saranno destinati ai veicoli elettrici. Per la Banca Mondiale la produzione dei metalli chiave per contribuire a soddisfare questa domanda, come grafite, litio e cobalto, dovrà aumentare di oltre il 450%. Nella corsa dettata dalla transizione energetica in atto, i “paesi miniera” del continente africano rappresentano l’anello nevralgico, e al contempo più vulnerabile, dell’intera catena di approvvigionamento di queste materie prime.

Nella Repubblica Democratica del Congo, il paese più esposto della filiera globale sia per le riserve di terre rare che possiede che per gli interessi delle compagnie estere che vi gravitano sopra, sono in corso tentativi non semplici di mettere a sistema e regolamentare le attività estrattive, soprattutto nei siti artigianali che nella sola parte orientale dello Stato danno lavoro a più di due milioni di persone.

È di questi giorni la notizia, ripresa da Jeune Afrique, di una partnership tra l’azienda tedesca Minespider e la società congolese Society Artisanal, avviata con l’obiettivo di far sì che le attività minerarie condotte in Rd Congo rispondano agli ultimi standard fissati a livello internazionale sulla tracciabilità dell’origine dei prodotti, compreso il Regolamento UE 2017/821 sui minerali provenienti da zone di conflitto, entrato in vigore il primo gennaio 2021.

Nella partnership Minespider, che in Africa ha già guidato progetti simili anche in Rwanda e Uganda, metterà a disposizione del partner congolese una piattaforma sviluppata con finanziamenti europei che attraverso la tecnologia blockchain monitorerà la catena di approvvigionamento dei minerali estratti in Rd Congo e che finiscono in paesi extracontinentali (Cina in testa) per essere raffinati e poi assorbiti da industrie come quella dell’hi-tech o dell’automotive. La novità di questa metodologia è che al termine del processo di certificazione verranno rilasciati dei token (un insieme di informazioni digitali registrate in una blockchain che conferiscono a un soggetto un determinato diritto) o passaporti digitali.

Compito di Society Artisanal sarà invece quello di far sì che le cooperative locali che gestiscono le piccole miniere vengano intercettate dalla piattaforma in modo che i minerali che estraggano finiscano nei flussi di esportazione formali e non in quelli illegali. In regioni come quella del Sud Kivu, dove si concentra un gran numero di queste cooperative e di piccole miniere, l’obiettivo è aiutare queste realtà a professionalizzarsi e passare dallo stato attuale di imprese artigianali alla gestione di cicli produttivi semi-industriali.

Più certificazioni, meno violenza 

La certificazione sui minerali approntata attraverso la blockchain da sola non può però garantire sulla trasparenza della loro provenienza. Una ricerca condotta nel 2023 da ricercatori dell’istituto americano Becker Friedman Institute ha dimostrato che le certificazioni sulle miniere artigianali nella parte est della Rd Congo sono associate a una riduzione del 9,4% dei conflitti armati e a una riduzione del 16,3% delle morti in un raggio di 10 chilometri attorno alla miniera. Ma i conflitti non scompaiono di colpo, piuttosto si spostano altrove e continueranno a farlo fino a quando le iniziative dei privati non saranno accompagnate da politiche nazionali più strutturate sul tema.

L’opacità regna d’altronde ancora sovrana non solo in Rd Congo o in Africa ma a livello globale. Nonostante l’origine dei prodotti, e dei materiali con cui vengono realizzati, sia sempre più attenzionata, sono molte le aziende che mettono in vendita merce macchiata dallo sfruttamento dei lavoratori. La ong Global Witness ha rilevato che nel primo trimestre del 2021 dei flussi monitorati dall’International Tin Supply Chain Initiative (ITSCI, Iniziativa internazionale per la catena di approvvigionamento dello stagno) il 90% non era chiaro se soddisfacesse o meno gli standard di sicurezza sulla provenienza e i diritti umani dei lavoratori coinvolti nelle attività estrattive, almeno per quanto riguarda alcune aree specifiche della provincia del Sud Kivu.

Esempi positivi 

Per Pandwe Aletha Gibson del Massachusetts Institute of Technology, autrice di un articolo intitolato “Making the case for Africa and the Democratic Republic of the Congo as the global rare earth element supply leaders” (Capire che l’Africa e la Repubblica Democratica del Congo sono leader nella fornitura di elementi di terre rare a livello mondiale), sul fronte delle tecnologie da applicare alla logistica e alle esportazioni di minerali il governo di Kinshasa dovrebbe prendere esempio dall’esperienza maturata in Sudafrica con l’estrazione di diamanti e con gli investimenti fatti per garantirne la tracciabilità attraverso la blockchain.

Negli Emirati Arabi Uniti un team di ricerca della Khalifa University ha sviluppato un sistema di blockchain per migliorare l’integrità della filiera di approvvigionamento di terre rare usate per la produzione di impianti fotovoltaici, i cui risultati sono stati riportati in un articolo dal titolo “A blockchain-based solution for the traceability of rare earth metals used in thin-film photovoltaics” (Una soluzione basata su blockchain per la tracciabilità dei metalli delle terre rare utilizzati nel fotovoltaico a film sottile) pubblicato su Journal of Cleaner Production. «La catena di approvvigionamento delle terre rare è spesso caratterizzata da opacità, inefficienze e problemi di sicurezza», ha spiegato Ahmad Mayyas, membro del team. «I certificati sui pannelli solari sono puramente tecnici e non tengono conto della gestione sostenibile della catena di approvvigionamento e se vengano rispettati o meno i princìpi etici nell’attività estrattiva».

Eppure, come dimostrato dal lavoro di questi ricercatori, la tecnologia blockchain, con la sua natura decentralizzata e trasparente, può garantire una maggiore sostenibilità delle catene di approvvigionamento, assicurando ad esempio che le terre rare siano state reperite in modo responsabile ed etico, e dunque in siti in cui siano state soddisfatte condizioni di lavoro accettabili (standard di sicurezza, salario equo, rispetto dell’orario di lavoro, accesso al lavoro vietato ai minori), e garantendo anche sull’autenticità dei materiali utilizzati per la successiva realizzazione di prodotti, come per l’appunto i pannelli fotovoltaici.

Un cambio di passo deve però arrivare a monte da chi domina questi mercati. Se non sono le potenze economiche che con le loro scelte industriali e di consumo dettano i ritmi dell’aumento della domanda e della produzione, a fare di più per strutturare e gestire in modo più sostenibile e responsabile le catene di approvvigionamento di metalli come le terre rare, difficilmente i paesi chiamati ad alimentare dal basso la risposta a questa domanda potranno incidere. Continuando a essere esposti a tutti i rischi di questa filiera. Come accade in Rd Congo e nelle sue miniere.

 

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