Botswana: che sfide attendono il nuovo presidente Duma Boko - Nigrizia
Botswana Politica e Società
È finita un'era: dopo 58 anni termina il regno del BDP, trionfano le opposizioni
Botswana: che sfide attendono il nuovo presidente Duma Boko
La transizione al potere è stata democratica e completamente pacifica
04 Novembre 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 6 minuti
Il presidente Duma Boko con la moglie Kaone Boko. Foto dal profilo Facebook del presidente

Mettere la firma definitiva su un fondamentale accordo sulle rendite dai diamanti, di cui il Botswana è il primo produttore al mondo per valore, e al contempo provare ad affrancare l’economia del paese dalla dipendenza dalle pietre preziose. Ma anche stare al passo di promesse a dir poco ambiziose su disoccupazione e miglioramento del tenore di vita. Sono alcune delle sfide che attendono Duma Boko, il nuovo presidente del Botswana. Si tratta del politico che con la sua elezione a capo dello stato ha messo fine ai quasi 60 anni di potere del Botswana Democratic Party (BDP), il partito che governa il paese dell’Africa meridionale dall’indipendenza, raggiunta nel 1966 (senza spargimenti di sangue) dalla Gran Bretagna.

Innanzitutto, è necessario mettere in chiaro che in Botswana si è verificato un vero terremoto politico. Il regno del BDP dell’ormai ex presidente Mokgweetsi Masisi non è solo giunto al termine infatti: è crollato rovinosamente. Il partito è arrivato ultimo fra le quattro formazioni che si sono presentate al voto, lo scorso 30 ottobre, passando da 38 a quattro seggi in parlamento (sui 61 totali). La coalizione guidata da Boko, l’Umbrella for Democratic Change (UDC), ha vinto invece 36 scranni, che sono più del doppio dei 15 ottenuti alle ultime consultazione del 2019 e soprattutto più che sufficienti a poter esprimere il nuovo capo dello stato.

Ad arrivare secondo è stato invece il Botswana Congress Party (BCP), partito a sua volta fuoriuscito dalla UDC. Terzo il Botswana Patriotic Front (BPF), pure costola scissionista dalla coalizione che si è rivelata vincitrice. Quest’ultimo partito è stato fondato e poi sostenuto fino a oggi dall’ex presidente Ian Khama, rientrato nel paese a settembre dopo quasi tre anni di-auto esilio per presentarsi davanti alla giustizia di Gaborone e anche per fare campagna elettorale per la formazione da lui creata.

Fine di un ciclo 

Da qui già emerge un dato rilevante. Khama è il figlio del primo presidente del Botswana indipendente, Seretse Khama, e il re della comunità tradizionale dei BagammaNgwato, uno degli otto rami del gruppo Tshwana che compone larga parte della popolazione del Botswana. Si parla di una delle persone più potenti del paese. I due più importanti blocchi di potere politico del Botswana quindi, il gruppo legato a Khama e ovviamente il BDP che ha sempre governato, hanno ottenuto in totale nove seggi. Sono fuori dai giochi che contano insomma, ed è una novità assoluta. Khama e Masisi sono poi diventati acerrimi rivali negli ultimi cinque anni; il confronto fra i due, anche indiretto, ha monopolizzato buona parte della campagna elettorale. Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire adesso.

Chi è il nuovo presidente 

Ma chi è il nuovo leader del Botswana, paese collocato nel cuore dell’Africa australe, quasi il doppio dell’estensione dell’Italia e una popolazione inferiore a quella della sola Roma? Boko è nato nel 1969, tre anni dopo l’indipendenza, nella piccola città di Mahalapye, nel Distretto centrale (che però si trova nell’est del paese). È diventato un avvocato prima laureandosi in legge all’Università di Gaborone e poi con un master ad Harvard, negli Stati Uniti. È un costituzionalista ed è anche specializzato nella difesa dei diritti umani. Nel 2010 il presidente è entrato nel Botswana National Front (BNF), partito su posizioni di sinistra e principale formazione di opposizione del paese, e due anni più tardi ha fondato l’UDC. Ha vinto al terzo tentativo. I media del Botswana lo descrivono come umile e affabile, ma anche come ambizioso fino a quasi l’arroganza. Tanto da dichiarare nel 2010, contro ogni previsione, che alla fine sarebbe diventato presidente, come rivelato dall’economista locale Keith Jefferis all’emittente sudafricana eNCA.

«Posso solo promettere [alle persone] che farò del mio meglio. Quando fallisco e sbaglio, mi rivolgerò a loro per essere guidato», ha detto alla stampa commentando i risultati a suo favore. Dopo la vittoria il neoeletto capo di stato si è anche recato presso la Arukah House Of Restoration Church of God, una Chiesa locale dove ha celebrato la vittoria insieme al popolare pastore Mmoloki Mogokgwane. Masisi ha riconosciuto la sconfitta praticamente all’istante, aprendo a una transizione completamente pacifica.

Ad aspettare Boko ci sono sfide non da poco. Il Botswana è uno dei paesi che guida l’Africa in termini di reddito pro capite e per quanto riguarda gli indici di buona governance e stato di diritto. Nonostante una flessione negli ultimi anni e un peggioramento importante nella percezione dell’operato del governo, il passaggio di testimone da democrazia matura a cui si sta assisteendo in questi giorni non farà che rimarcare la posizione privilegiata del Botswana in Africa.

Diamanti a doppio taglio 

Il paese resta però uno con i più alti tassi di disuguaglianza al mondo, mentre la disoccupazione si aggira attorno al 30% e le previsioni della crescita economica per il 2024 sono state tagliate dell’1% dal Fondo monetario internazionale (FMI).

Questa flessione ha un nome: diamanti, da cui dipende il 75% dei guadagni in valuta estera, circa un terzo del Pil e il 40% delle entrate statali del Botswana. Il mercato delle pietre preziose sta attraversando una contrazione seria, complice la compressione della domanda in Cina e USA, l’abbassamento dei prezzi e la competizione con i cristalli prodotti in laboratorio. Nei primi nove mesi del 2024 la vendita delle pietre ha fruttato il 52% in meno dell’anno precedente alla Debswana Diamond Company, società per meta statale e per metà del gigante De Beers, di proprietà del colosso AngloAmerican.

Da qui quindi passano alcuni dei nodi che dovrà sciogliere Boko. Rilanciare l’economia e diversificarla e poi, visto che i diamanti restano centrali, mettere la firma definita su un’intesa che porterà la quota di pietre ottenute da Gaborone nell’ambito della sua joint venture con De Beers dal 25 al 30% subito e poi al 50% nel 2033. Si tratta di molti soldi. L’intesa è stata annunciata in pompa magna dal governo Masisi ma in realtà deve essere ancora suggellata in firma definitiva.

Boko ha poi fatto una serie di promesse impegnative, in campagna elettorale. In un paese dove la popolazione totale supera di poco i 2,5 milioni di abitanti, il neo presidente si è detto in grado di creare 100mila nuovi posti di lavoro già per l’anno prossimo anno. Boko ha detto agli elettori di voler aumentare il salario minimo, tagliare le tariffe di elettricità e acqua (mentre il paese, come tutta la regione, è alle prese con la siccità) e combattere la corruzione. Difficile poter realizzare tutti questi programmi, già notano alcuni analisti. Il tempo però, è dalla parte di Duma Boko. 

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