Continua ad accentuarsi il vento antifrancese in Burkina Faso, paese saheliano che nel 2022 ha subito due colpi stato militari ed è governato dal capitano Ibrahim Traoré alla testa di un esecutivo di transizione che dovrebbe condurre al voto nel luglio 2024.
Ieri sono state espulse due corrispondenti francesi: Sophie Douce (Le Monde) e Agnès Faivre (Libération). Le due giornaliste sono state convocate venerdì nella sede della sicurezza nazionale di Ouagadougou ed è stato intimato loro di lasciare il paese nell’arco di 24 ore.
All’origine del provvedimenti ci sarebbe la pubblicazione, lunedì scorso, di un’inchiesta di Libération sull’esecuzione di alcuni adolescenti, che sarebbe avvenuta in una caserma e della quale ci sarebbe un filmato.
Un comunicato del governo burkinabè «condanna fermamente queste manipolazioni camuffate da giornalismo per offuscare l’immagine del paese degli uomini integri (il significato di Burkina Faso, ndr)».
Sulla vicenda è intervenuto Christophe Deloire, segretario generale di Reporters sans Frontières: «Il regime non si rende conto che in questo modo si discredita. Limitando la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad avere acceso all’informazione, il regime vuole chiaramente nascondere gli abusi».
E ha aggiunto: «Eppure il Burkina Faso era considerato un paese modello in termini di libertà di stampa. Inoltre la Costituzione del 1991 sottolinea il diritto all’informazione».
Lo scorso dicembre, il governo burkinabè aveva sospeso le trasmissioni di Radio France Internationale (Rfi) e lunedì 27 marzo ha tagliato il canale d’informazione France 24. Inoltre lo scorso gennaio è stata ufficializzata la fine della cooperazione militare con Parigi: non è stato rinnovato l’accordo sottoscritto 4 anni fa che autorizzava l’impiego di 400 uomini delle forze speciali francesi (missione Sabre) sul territorio burkinabè in funzione anti jihadista.