La femme du fossoyeur (La moglie del becchino) del regista somalo Ahmed Khadar ha vinto l’Étalon d’Or de Yennenga della 27ª edizione del Festival panafricain du cinéma et de la télévision de Ouagadougou (Fespaco).
Girato à Djibouti in lingua somali, presentato alla Settimana internazionale della critica al Festival di Cannes, il film segue le vicissitudini di una famiglia povera di Gibuti che deve affrontare una lotta contro la malattia. Nasra, interpretata dalla modella canadese di origine somale Yasmin Warsame, è affetta da una grave malattia renale e può salvarsi solo con un’operazione d’urgenza. Il marito, di professione becchino, si mette alla disperata ricerca dei soldi necessari ma l’equilibrio della famiglia è messo a dura prova. Il film è stato anche ricompensato con il premio per la migliore musica.
Freda ritratto al femminile di un’isola devastata da corruzione e violenza, e dai postumi del terremoto, è stato premiato con l’Étalon d’argent. Primo lungometraggio della documentarista haitiana Gessica Geneus, il film è un omaggio alla lotta rabbiosa di Freda, studentessa di antropologia, che si scontra contro le scelte della madre e della sorella, schiacciate da un sistema patriarcale e maschilista. Lo sguardo della regista, abituato a raccontare il reale, cattura l’energia vibrante dei personaggi alleggerendo così una storia dalle premesse altamente drammatiche.
L’Étalon de bronze è per Une histoire d’amour et de désir (Una storia di amore e desiderio) della tunisina Leyla Bouzid: un inedito sguardo femminile sulla sessualità e il desiderio maschile.
Una grande vitalità
In un continente senza cinema (1 schermo ogni 787.402 abitanti) il Fespaco, sopravvissuto anche alla pandemia, è ancora la più grande e longeva kermesse cinematografica a sud del Sahara. Nonostante la crisi securitaria che ha trasformato il Sahel in zona geografica sconsigliata, l’avvento delle piattaforme streaming e il Covid, il Fespaco ha ricevuto 1.132 opere, selezionandone 239 per un pubblico di 150mila festivalieri venuti da 64 paesi.
Concorsi e sezioni per sei categorie (lungometraggi di finzione, documentari, animazione, cortometraggi, film scolastici e serie tv) piattaforme d’incontro per professionisti e un programma di proiezioni e formazione per le scuole.
I grandi nomi ci sono tutti. Da Abderrahmane Sissako, presidente della giuria, a Mahamat-Saleh Haroun che ha presentato Lingui, les liens sacrés, fino a Mati Diop che ha inaugurato le danze con il suo Atlantiques. Presenti, tra gli altri, Philippe Lacôte con La nuit des rois, Dieudo Hamadi con il documentario En route pour le milliard, Aïssa Maïga con il documentario ecologista Marcher sur l’eau e il burkinabé Boubacar Diallo con Les trois lascars.
Non manca l’Africa anglofona con film da Namibia (The White Line), Kenya (The Letter) e Tanzania (Farewell amor). Numerosi film anche dal Maghreb tra i quali segnaliamo Fanon hier, aujourd’hui dell’algerino Hassane Mezine e L’Homme qui a vendu sa peau della tunisina Kaouther Ben Hania.
Invitato d’onore, il cinema senegalese che rimane paese di punta per finanziamenti e talenti. Il panafricanismo è sempre presente così come il folklore che ha visto tra l’altro l’inaugurazione di un monumento di bronzo dedicato ad Alain Gomis. Nota di merito alla pagina Facebook del Festival, aggiornata e con interviste interessanti.
Una versione ridotta ed itinerante del Fespaco avrà luogo nel nord del Burkina Faso, una delle regioni più attaccate dai movimenti jihadisti.