Lo scorso sabato, il governo burkinabè ha sospeso fino a nuovo ordine la licenza di diffusione sul territorio nazionale di uno dei media stranieri più influenti del paese: Rfi, la radio pubblica francese.
Due i fatti rimproverati: l’aver trasmesso in radio un messaggio di minacce all’esercito da parte di un rappresentante del gruppo jihadista Gsim (Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani). E di aver ripreso una notizia locale riguardo ad un tentativo di colpo di stato contro il regime di Ibrahim Traoré.
Rfi ha espresso il suo disappunto contro la decisione e nega ogni violazione del codice deontologico. In più sottolinea un vizio procedurale: le decisioni sulle licenze radiofoniche dovrebbero arrivare dall’organo preposto, il Consiglio superiore della comunicazione, e non direttamente dal governo burkinabè.
È la seconda sospensione incassata da Rfi nell’Africa occidentale nel giro di poco tempo. La giunta militare del Mali era ricorsa alla stessa decisione otto mesi fa.
Entrambe le decisioni arrivano in un contesto di relazioni diplomatiche al limite della rottura totale tra la Francia e le sue due ex-colonie, Mali e Burkina Faso.
Bamako in particolare ha virato apertamente verso la Russia. Finora Ouagadougou non si è spinta così lontano, anche se la sospensione di Rfi è l’ennesimo indicatore della sua intenzione di distaccarsi dall’orbita francese.