Il settore dell’oro contribuisce per il 14% alle entrate del Burkina Faso. Ma c’è qualcosa da aggiustare nelle miniere artigianali e così il governo ha deciso di sospendere fino a data da destinarsi l’esportazione di oro di produzione artigianale.
Una ristrutturazione che, dice il ministro delle Miniere Yacuba Zabré Gouba, «consentirà di organizzare meglio la commercializzazione dell’oro e di altri metalli preziosi».
In Burkina Faso sono attive 17 miniere industriali, ma 5 non stanno lavorando perché nel mirino di gruppi armati jihadisti. Nel 2022 sono state prodotte e in buona parte esportate 57,6 tonnellate d’oro, con un calo del 13,7% rispetto al 2021. Il settore artigianale genera 10 ulteriori tonnellate d’oro l’anno.
Le autorità di transizione, uscite dai due colpi di stato militari del 2022 e presiedute dal capitano Ibrahim Traoré, hanno intenzione di rilanciare la produzione di oro, tanto che lo scorso novembre hanno dato il via alla costruzione di una raffineria d’oro con un capacità produttiva di 150 tonnellate l’anno.
Il comunicato ufficiale è piuttosto stringato, ma il blocco dell’export della produzione artigianale fa pensare che una parte non trascurabile di questo oro venga esportato illegalmente, privando lo stato di una quota di entrate.
Il Burkina Faso, al pari di Mali e Niger, è uno degli stati del Sahel che hanno rotto le relazioni con la Francia, non si riconoscono più nella Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (CDEAO/ECOWAS), hanno allacciato relazioni con Mosca e in funzione della lotta al jihadismo si avvalgono dei costosi servizi dei mercenari di Wagner, gruppo paramilitare russo.