Il capitano Ibrahim Traoré – al potere in Burkina Faso dopo il colpo di stato del settembre 2022 e oggi presidente della transizione (alla democrazia e dunque del ritorno dei civili al governo) – si sta muovendo su due fronti.
Sul fronte esterno è chiamato a tenere testa alle richieste dell’Unione africana (Ua) che vuole capire se la transizione è effettiva e se la giunta militare è intenzionata a confermare la data di massima – luglio 2024 – per lo svolgimento delle elezioni.
Qualche risposta si avrà in questi giorni, considerato che da sabato scorso e fino a mercoledì 26 una delegazione del Consiglio pace e sicurezza dell’Ua è in visita a Ouagadougou.
Ieri la delegazione, guidata dall’ambasciatore Mohamed Lamine Thiaw, ha avuto un incontro a porte chiuse con il governo burkinabè: sul tavolo il dossier sicurezza e quello umanitario.
È previsto anche un incontro con il presidente Traoré, il primo ministro Kyelem de Tambela e il presidente del parlamento di transizione Ousmane Bougouma.
Probabilmente verrà affrontato, tra gli altri, il problema della riammissione del paese nell’Unione africana dopo la sospensione innescata dal golpe.
A dar retta ai comunicati ufficiali, le parti si sarebbero scambiate belle parole e auspici. Difficile tuttavia che l’argomento libertà di stampa sua stato del tutto evitato.
In questi mesi si è infatti manifestato un lieve malumore del governo nei confronti della stampa targata Parigi: lo scorso dicembre sono state sospese le trasmissioni di Radio France Internationale; il 27 marzo è stato tagliato il canale di informazione France 24; ai primi di aprile sono state espulse le corrispondenti di Le Monde e di Libération.
Sul fronte interno, invece, il capitano Traoré è impegnato a spiegare ai suoi concittadini che la guerra contro i gruppi armati jihadisti continua con slancio, anche se, ha sostenuto il capitano parlando alle forze speciali burkinabè, «il nemico ha accresciuto la sua forza e si sta dotando di armamenti più moderni».
Ma non c’è da preoccuparsi, dice il presidente, perché le forze armate burkinabè «stanno acquisendo mezzi di combattimento terrestre e aereo, tra cui droni di ultima generazione».
Con quali soldi, considerato che il paese saheliano non naviga in buone acque?
Da agosto a oggi i cittadini del Burkina Faso, rispondendo a un appello del governo, hanno contribuito alla sforzo bellico con un miliardo di franchi Cfa (1,5 milioni di euro).
E soprattutto si sono dovuti caricare sulle spalle nuove tasse sui beni di consumo (bevande, sigarette, cosmetici) e sui servizi telefonici che avrebbero fruttato circa 45 milioni di euro.