In Burundi la scorsa settimana sarebbe stato sventato un colpo di stato. Il presidente Evariste Ndayishimiye ha ritenuto che il primo ministro Alain-Guillaume Bunyoni sia stato la mente del tentato golpe e per questo lo ha destituito. Rimpiazzandolo con Gervais Ndirakobuca che, tra i primi atti, ha nominato un nuovo ministro degli interni e della sicurezza, Martin Niteretse.
Con questa mossa il presidente ha consolidato il proprio potere. Bunyoni era stato anche capo della polizia e ministro della sicurezza nel governo di Nkurunziza, al potere per tre mandati consecutivi e morto nel giugno del 2020. Ritenuto tra i politici più influenti, aveva accumulato una notevole ricchezza come capo di una variegata rete di affari che gli ha consentito di conoscere perfettamente lo stato dell’economia nel paese.
Insieme a Bunyoni, Ndayishimiye ha liquidato almeno 54 funzionari delle province, insoddisfatto di come molti ufficiali governativi, convinti di essere intoccabili, svolgevano il loro compito. Inoltre, lo scorso giugno, il presidente aveva licenziato 35 magistrati accusati di corruzione perché estorcevano denaro alla gente, soprattutto ai meno abbienti, rimandando all’infinito le sentenze.
Già da mesi nei circoli governativi serpeggia qualche preoccupazione in seguito alla campagna anti corruzione del presidente. Il Burundi ha sofferto per mesi di scarsità di carburante, cemento, zucchero e altri prodotti, e Ndayishimiye aveva criticato pubblicamente alcuni funzionari governativi di essere colpevoli di tale scarsità per fare i propri interessi. Il presidente ha emanato tra l’altro il divieto per tutti gli ufficiali deposti di lasciare il paese.
I timori della Comunità dell’Africa orientale
Il rimpasto governativo illustra la precarietà della situazione politica del paese, funestato dalla violenza a partire dal 2015. Un paese fragile sotto molti aspetti.
Le precarie condizioni economiche complicano gli sforzi per superare gli effetti deleteri della pandemia del Covid-19. Prima della pandemia, il Burundi stava politicamente riemergendo dall’isolamento. La comunità internazionale, infatti, in cambio della promessa di riforme serie e dell’allentamento dei metodi repressivi, aveva iniziato a rimuovere le sanzioni contro figure chiave del regime.
Non sarà facile per Ndayishimiye garantire che il Burundi rispetterà le norme dello stato di diritto senza scivolare nuovamente nella repressione sistematica del dissenso. La concentrazione del potere nelle mani di figure politiche molto rigide ha diffuso tra la popolazione un perdurante senso di insicurezza. Una tra queste figure è proprio Gervais Ndirakobuca, che nel 1993, allora leader di un gruppo ribelle, partecipò all’assassinio di Melchior Ndadaye, primo presidente democraticamente eletto; dopodiché fu a più riprese messo alla testa delle forze di polizia e dei servizi segreti. Questo curriculum può condizionare le relazioni con i partner stranieri.
Per lungo tempo membro, alquanto tentennante, della Comunità dell’Africa orientale (Eac), il Burundi negli ultimi due anni aveva migliorato la sua reputazione nei confronti dei partner commerciali della Eac. Firmando, ad esempio, accordi infrastrutturali in base ai quali Bujumbura accettava un’estensione della linea ferroviaria che dalla Tanzania avrebbe raggiunto la capitale burundese. Un’operazione che potrebbe favorire la possibilità di prolungare la linea fino all’area orientale della Rd Congo, entrata anch’essa di recente nella Eac. Inoltre il Burundi, che ha un esercito piuttosto consistente, potrebbe dare un contributo molto valido alla creazione di una forza regionale che intervenga per pacificare l’area orientale dell’Rd Congo.
Per queste ragioni economiche e politiche i partner della Eac vedono con preoccupazione il rischio che si apra una fase di instabilità nel paese.