A Calais, le istituzioni stanno promuovendo iniziative di accoglienza per le centinaia di persone in fuga dall’Ucraina che in questi giorni si sono viste negare l’asilo da parte del Regno Unito: le realtà solidali e antirazziste del territorio approvano, ma denunciano le disparità di trattamento con i rifugiati provenienti da altri paesi.
In particolare, fa discutere la decisione, sostenuta dalla prefettura e dal comune di Calais, di far aprire l’ostello della gioventù per i soli profughi ucraini, mentre altri stranieri bloccati in città vivono per strada, molti dopo essere fuggiti da conflitti in Afghanistan, Sudan, Siria, ma anche Iraq, Somalia, Eritrea, Etiopia.
L’organizzazione L’Ostello dei migranti (L’Auberge des migrants) ha annunciato l’intenzione di fare causa al comune e forse anche al governo per discriminazione, e sui social pubblica un post con due fotografie. Sotto quella del grande e moderno ostello di Calais si legge “luogo di accoglienza per i rifugiati ucraini”, mentre la seconda mostra un accampamento informale nei pressi di un binario morto: “luogo di accoglienza per i rifugiati non ucraini”.
«Ogni quarantotto ore, a volte anche più spesso, le loro sistemazioni sono smantellate dalle autorità: talvolta le tende vengono fatte spostare solo di qualche metro, altre volte sono distrutte» spiega a Nigrizia Hugo Hardy del Collettivo alimentare di Calais (Calais Food Collective) che fornisce pasti gratuiti ai migranti che ne fanno richiesta.
Questi sgomberi sono volti a evitare che si riformino insediamenti come era stata la “jungle”, che nel 2016 arrivava a contare quasi 10mila persone. Oggi i numeri sono altri: secondo le associazioni, in città sarebbero al massimo 1.800 i migranti senza fissa dimora.
Anche per quanto riguarda le distribuzioni alimentari da parte di organizzazioni indipendenti, come quella di Hardy, la locale prefettura le ha vietate con ordinanze rinnovate ogni mese a partire dal settembre 2020, ed è arrivata a far costruire fossati e barriere per ostacolare il percorso dei veicoli dei volontari, che vengono regolarmente multati durante le loro attività.
Per questo, le associazioni sono rimaste sorprese vedendo la sindaca di Calais, Natacha Bouchart (eletta dei Républicains di Nicolas Sarkozy, sostenitrice di Emmanuel Macron), farsi fotografare insieme a un gruppo di persone ucraine e dichiarare alla stampa che la città accoglie i rifugiati.
Dai suoi profili ufficiali, il comune esorta la cittadinanza a portare donazioni per la popolazione ucraina nel locale aperto appositamente per raccoglierle in rue de Judée. «Premesso che siamo solidali con tutte le persone in fuga, trovo assurdo che sulla stessa strada ci sia un accampamento di centinaia di esuli che vivono nel fango, e che per scoraggiarne la permanenza il comune abbia appena iniziato un’opera di abbattimento degli alberi che in quell’area offrivano almeno un po’ di riparo da vento e pioggia», afferma ancora Hardy, che parla a margine della commemorazione di un giovane morto, il quinto dall’inizio dell’anno, mentre cercava di raggiungere la Gran Bretagna.
In questi giorni il Calais Food Collective e l’Auberge des Migrants, con altre realtà associative del territorio, hanno diffuso un comunicato in cui denunciano il “divieto di aiutare le persone rifugiate”: “Chiediamo alle autorità di riservare a tutte loro la stessa accoglienza che viene destinata alla popolazione ucraina” è la proposta delle associazioni.
L’accoglienza relativamente calorosa destinata agli ucraini rischia, al contrario, di avere vita breve: l’ostello della gioventù, aperto in via straordinaria fuori stagione, dovrà presto far fronte alle prenotazioni dei clienti, ed è già sovraffollato. Da parte sua, il Regno Unito accoglierà soltanto gli ucraini che hanno familiari in territorio britannico, e anche per loro le procedure si prospettano lunghe e complesse.