È tempo di un cambio di rotta nella lotta per la secessione che da circa sette anni si svolge nelle regioni del Nordovest e del Sudovest del Camerun, unici territori a maggioranza anglofona in un paese altrimenti francofono: i guerriglieri locali devono rinunciare alla lotta armata e alla richiesta di una completa indipendenza e tentare invece di avviare un processo per una soluzione negoziale e per l’autonomia. Magari anche sfruttando l’appuntamento con le elezioni generali previste l’anno prossimo. A sostenere questa tesi non è una figura qualunque, ma l’ex vice comandante dell’Ambazonia Defence Forces (ADF) Capo Daniel, nome di battaglia di Emmanuel Ngong.
Gli esponenti dell’ADF considerano la loro organizzazione il braccio armato del governo dell’Ambazonia, nome con cui hanno definito una autoproclamata e non riconosciuta repubblica secessionista annunciata nel 2017. Questo atto è giunto al culmine di una mobilitazione che era cominciata in modo pacifico mesi prima: a seguito di una serie di decisioni del governo, avvocati e insegnati erano scesi in strada per protestare contro le discriminazioni imposte alla minoranza francofona e per chiedere delle riforme in senso più inclusivo dei settori giudiziario e scolastico.
Per comprendere questa spaccatura fra la popolazione anglofona e il potere governativo, ritenuto espressione della maggioranza francofona, è necessario risalire fino alla suddivisione fra potenze coloniali del territorio dell’odierno Camerun e della gestione del processo di affrancamento dal dominio europeo, oltre che al fallimento di un progetto di federazione bilingue, nato proprio con l’obiettivo di ricomporre la frammentazione ereditata dal colonialismo ma durato solo 11 anni, dal 1961 al 1972.
Le parole di Capo Daniel
In esilio a Hong Kong da diverso tempo, Capo Daniel è alla guida da un anno e mezzo di un movimento ribattezzato Ambazonia Peoples’ Rights Advocacy Platform (PRAP). Le sue ultime dichiarazioni, a dire il vero, sono state rilanciate dai media francofoni di base a Parigi ma sostanzialmente ignorate dalle maggiori testate di Yaoundè.
In un comunicato, riporta Radio France Internationale (RFI), Capo Daniel ha fatto appello alla «fine delle ostilità contro lo Stato» e alla ricerca di «negoziati diretti» con le autorità camerunesi. Il guerrigliero ha affermato di preferire ora un approccio «nonviolento» nella lotta per l’autosufficienza delle regioni anglofone e ha esortato i guerriglieri a «mantenere le loro armi solo in funzione di autodifesa fino a quando non avranno luogo i negoziati con Yaoundé».
Raggiunto al telefono da RFI, il leader del PRAP ha motivato la sua nuova posizione con la consapevolezza che la lotta per l’indipedenza dell’Ambazonia non ha ottenuto sostegno a livello internazionale, non è mai riuscita a esprimersi tramite un fronte unito di azione ma nel contempo è finita però per stremare la popolazione locale. Stando a cifre rilanciate dalla ong Human Rights Watch (HRW), fino al 2023 almeno 4mila persone erano state uccise nei combattimenti fra miliziani ed esercito, secondo il Crisis Group, le vittime del conflitto sarebbero circa 6mila. Più di 700mila gli sfollati a causa delle ostilità invece, mentre oltre la metà dei quattro milioni di abitanti delle regioni anglofone – circa il 16% dei 28 milioni di camerunesi – necessita di aiuti umanitari. Entrambe le parti belligeranti sono state poi più volte accusate di abusi e violazioni dei diritti umani.
Fra dubbi e spaccature
Quale sia l’eco effettivo delle parole di Capo Daniel non è chiaro. Analisti concordanti non sono sicuri su quale sia l’attuale peso specifico dell’ex vice comandante, un tempo ritenuto significativo. La sua posizione sembra in aperto contrasto con quella espressa solo pochi giorni fa da Lucas Cho Ayaba, leader del Consiglio di Governo dell’Ambazonia (AgovC), di cui era prima un alleato. Secondo quanto riporta Jeune Afrique, a inizio maggio l’attuale leader della lotta per l’indipendentismo delle regioni anglofone ha rilanciato la necessità della «liberazione» dell’Ambazonia dopo l’uccisione di un comandante dei secessionisti.
Capo Daniel ha poi chiamato in causa anche le elezioni previste per il 2025. Una possibile occasione questa, a detta dell’ex vice comandante, per poter puntare i riflettori della politica sulla crisi anglofona. Con tutta probabilità, alle consultazioni dell’anno prossimo si candiderà per un quarto mandato l’attuale presidente Paul Biya, capo di stato più anziano al mondo con i suoi 91 anni, guida del paese dal 1982 e favoritissimo per rimanere ancora al potere anche nel 2025.