«Non ho veri rimpianti, ho vissuto una vita piena. Ho fatto tutto quello che volevo fare». Sono state queste le ultime parole pubbliche, pronunciate recente alla tv di Stato del Camerun, dello storico oppositore e baluardo della democrazia John Fru Ndi, morto il 12 giugno a 81 anni nella sua casa nella capitale Yaoundé, dove si era trasferito a causa dell’insicurezza a Bamenda, nella regione anglofona di Nord-Ovest, martoriata da 7 anni di conflitto indipendentista.
Un conflitto al quale Fru Ndi si era sempre opposto, sostenendo la necessità di un Camerun federale e unificato, e contrastando la lotta armata secessionista, nonostante la sua lunga battaglia a sostegno dei diritti della minoranza anglofona che si sente emarginata dalla maggioranza francofona del paese.
Per questa sua posizione, considerata come un tradimento, nel 2019 fu rapito e picchiato dagli indipendentisti che diedero anche fuoco a parte della sua casa.
Fru Ndi era nato nel villaggio di Baba II, vicino a Bamenda, nel 1941, quando la zona era amministrata dai colonialisti britannici.
Nel 1957, all’età di 16 anni, fu mandato nella vicina Nigeria per completare gli studi che abbandonò, finendo per guadagnarsi da vivere con lavori saltuari. Rientrò in Camerun solo diversi anni dopo l’indipendenza nel 1961, quando le ex parti britannica e francese si erano unificate.
Da piccolo venditore ambulante divenne in seguito un uomo d’affari di successo, fondando dal nulla un impero della vendita di libri: le librerie Ebibi.
Il suo coinvolgimento attivo in politica cominciò con il partito al potere, Movimento democratico popolare del Camerun (CPDM), che abbandonò, frustrato dal sistema monopartitico, per formare, nel 1990, un partito d’opposizione, il Fronte socialdemocratico (SDF).
La sua popolarità alla guida del SDF, portò il regime ad accettare, almeno formalmente, l’introduzione di un sistema multipartitico. «La storia del ritorno alla politica multipartitica in Camerun non può essere scritta senza il nome di John Fru Ndi scritto a lettere d’oro», ha ricordato Akere Muna, candidato alla presidenza nel 2018.
Due anni dopo la nascita del SDF, nel 1992, vinse le elezioni presidenziali, ma il giudice della Corte Suprema che ascoltò la sua petizione per presunta frode dichiarò di avere «le mani legate» e lasciò che i risultati ufficiali garantissero la vittoria (con il 40% dei voti) a Paul Biya, al potere già da 10 anni (6 novembre 1982) e tutt’ora, nonostante i suoi 90 anni, alla guida del paese.
Tornò a candidarsi contro Biya altre due volte, nel 2004 e nel 2011.
Curioso notare che in 33 anni di intensi scontri politici, i due uomini si sono incontrati faccia a faccia solo una volta.
La sua battaglia per un’alternanza democratica di governo non ha conosciuto pause, nonostante le violente repressioni dei raduni politici, le minacce e i numerosi arresti a cui è stato sottoposto.
Una delle costanti delle sue battaglie politiche – e probabilmente anche uno dei suoi più grandi fallimenti – è stato il tentativo di unificare tutte le forze di opposizione in una coalizione che esprimesse un unico candidato, capace di contrastare il dominio assoluto di Biya e del CPDM.
Si trovò invece, in anni recenti, a dover affrontare tensioni e contrasti interni al suo partito con battaglie giudiziarie per espulsioni di alto profilo e ultimamente anche con accuse, da parte di frange interne al SDF, di dominare il partito e di schiacciare altre voci.
Poco prima della sua morte Fru Ndi annunciò che si sarebbe dimesso da presidente delle SDF nel convegno del partito previsto a luglio.