Si temeva il peggio per Martinez Zogo, il giornalista camerunense che si ipotizzava rapito martedì scorso.
E il peggio è arrivato. Ieri il suo corpo è stato ritrovato, mutilato, a bordo di una strada nella capitale Yaoundé.
Era uno dei giornalisti più noti del paese. Come direttore della radio Ampoule FM, conduceva il programma Embouteillage, da cui esprimeva le sue critiche ai poteri e uomini forti. Di recente aveva denunciato uno scandalo di sottrazione di fondi con al centro un imprenditore legato al governo centrale.
Al momento, gli inquirenti non hanno lasciato trapelare ipotesi o informazioni riguardo agli esecutori e mandanti dell’uccisione. Ma la notizia spinge inevitabilmente a ragionare ad esempi precedenti in cui la libertà di stampa si è trovata in conflitti con le autorità governative.
Nel 2015, un giornalista dell’influente portale d’informazione francese Radio France International (Rfi) fu condannato a due anni di reclusione per reati legati al terrorismo. Varie organizzazioni per i diritti umani avevano allora denunciato la sentenza come basata su false prove.
Una situazione simile toccò ad un altro noto giornalista critico verso il governo, Paul Chouta. Tra il 2019 e il 2021, fu vittima di due aggressioni fisiche per mano di sconosciuti, intervallate l’una dall’altra da quasi due anni di prigione, per una condanna che in molti definirono politicamente motivata.
Lo scandalo della morte di Zogo avviene mentre il Camerun cerca di riavviare un processo di risoluzione del suo conflitto nelle aree separatista. Il governo ha accettato di entrare in discussioni con i gruppi indipendentisti, sotto la mediazione del Canada.
Il conflitto dura da 5 anni e coinvolge le due regioni anglofoni nel nord-ovest e sud-ovest del paese. Le vittime si contano a migliaia, con più di un milione di persone costrette a fuggire nelle zone francofone. Altre 80,000 hanno trovato rifugio nella confinante Nigeria.
L’origine della tensioni risale alla fine del periodo coloniale, quando il Camerun fu creato, mettendo insieme territori occupati dal Regno Unito con quelli in mano alla Francia. Da allora, una parte della comunità anglofona ha iniziato a denunciare tentativi di marginalizzazione politica, linguistica e sociale a favore della maggioranza francese.
Il Canada spera di riuscire nell’impresa di mediazione già tentata invano dalla Svizzera negli ultimi tre anni.