Ritenuto esempio di democrazia in Africa e con una qualità della vita fra le migliori del continente, Capo Verde deve però fare i conti con un fenomeno preoccupante: il traffico di cocaina proveniente dall’America Latina.
Questo traffico sta diventando un elemento strutturale in questo arcipelago atlantico a metà strada fra America Latina ed Europa. Una posizione ideale, insieme alla portoghese Madeira e alle spagnole Canarie, per servire da snodo per i traffici internazionali di cocaina sulla rotta atlantica euro-americana.
Gli ormai frequenti arresti di trafficanti internazionali lo dimostrano. L’operazione più importante fu messa a segno nel 2019, quando in un’imbarcazione battente bandiera panamense ancorata al porto di Praia furono sequestrati 9.570 chilogrammi di cocaina.
Nel 2020, nonostante la pandemia, il traffico e il consumo non sono diminuiti a livello mondiale, con circa 290 milioni di persone, secondo Unodc (L’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine), che fanno uso di stupefacenti. Per la cocaina, i paesi di maggior produzione e smercio continuano a essere Brasile, Equador e Colombia, con la Costa Rica al quarto posto, confermando la crescente importanza dell’America Centrale in questo traffico.
Anche l’Africa consuma
Il fatto nuovo è rappresentato dalla tendenza al consumo di droga in Africa, che coinvolge paesi come Libia e Nigeria, ma anche Capo Verde (la cocaina, spesso mescolata alla locale cannabis, forma una droga chiamata cochamba). L’aumento dell’uso interno di stupefacenti risponderebbe a richieste sia dei consumatori locali che dei turisti, concentrati soprattutto a Santiago, Sal e Boavista.
Le forze dell’ordine capoverdiane hanno registrato anche un aumento della violenza urbana, in parte da spiegare anche col consumo di stupefacenti. Come ha riferito lo scorso giugno il vice-ministro della salute, Evandro Monteiro, l’8% dei capoveridani fa uso di sostanze stupefacenti: ciò colloca Capo Verde al 25º posto nella classifica mondiale per il consumo di droga, secondo la World Life Expectancy. Esistono alcune conferme a proposito del consumo e del traffico interno di stupefacenti. A febbraio di quest’anno, per esempio, una coppia di capoverdiani era stata colta in flagrante spaccio di droga a Espargos, capitale dell’isola di Sal, la più turistica e la più “italiana” delle 10 che compongono l’arcipelago.
Africom
Quest’anno, il sequestro più significativo di cocaina è avvenuto ad aprile, ed è legato al traffico internazionale. A bordo del peschereccio Alcatraz I, salpato dal Brasile, sono stati arrestati sette uomini (cinque brasiliani e due montenegrini), e sequestrati 5.461 chilogrammi di cocaina, del valore di circa 350 milioni di dollari. L’operazione è stata realizzata congiuntamente dalle forze di polizia locali con Africom (il comando militare americano con sede centrale in Germania, operativo dal 2008), e col coinvolgimento anche della polizia britannica e di quella federale brasiliana. La settimana scorsa il pubblico ministero di Praia ha convalidato gli arresti, chiudendo l’istruttoria con la conferma della prigione preventiva dei sette accusati e mandandoli a processo come richiesto dal pubblico ministero.
Nonostante l’eccellente reputazione internazionale, Capo Verde sta assumendo in parte il ruolo che la vicina Guinea-Bissau aveva svolto per anni riguardo al traffico di stupefacenti, fino a essere qualificato come narco-stato. Situazione che a Capo Verde si è ancora lontani dal raggiungere, a causa dell’atteggiamento delle istituzioni. Il governo, infatti, sta collaborando soprattutto con Africom per limitare l’entrata (e il consumo) di cocaina e cannabis nel paese, a differenza di quanto avvenne a suo tempo in Guinea-Bissau, dove le istituzioni restarono per anni prigioniere e complici del grande traffico internazionale di droga.
L’esecutivo capoverdiano, mediante il Piano nazionale integrato di lotta contro le droghe e i crimini connessi, è deciso a non permettere di trasformare l’arcipelago nel principale hub della rotta atlantica di droga, ma anche a ridurre il consumo interno, giunto già a livelli preoccupanti.