Ieri, durante il vertice straordinario della CEDEAO/ECOWAS ad Abuja, i leader regionali hanno ufficializzato l’uscita di Mali, Burkina Faso e Niger dall’organizzazione. Il divorzio ha come data d’inizio il 25 gennaio 2025, ad un anno esatto dall’annuncio di separazione unilaterale dei tre paesi saheliani.
Allo stesso tempo, la CEDEAO concede un periodo di sei mesi per un eventuale ripensamento. Il compito di far cambiare idea agli stati dell’Alleanza del Sahel (AES) cade di nuovo su Togo e Senegal, che possono così proseguire il lavoro di mediazione portato avanti lungo il 2024.
Il ritorno ai visti?
Il rebus principale rimane quello legato alla mobilità di beni e persone. Nello spazio CEDEAO, i cittadini membri non hanno bisogno di visto per spostarsi da un paese all’altro e possono installarsi in un altro stato in modo relativamente agevole.
Cosa succederà quindi dopo il 29 gennaio 2025 per i milioni di cittadini burkinabé, maliani e nigerini che vivono in paesi come la Costa d’Avorio, il Ghana, o il Senegal? Dovranno chiedere un visto per rimanere lì? E la circolazione di beni in che modo verrà influenzata? Per ora sono tutte domande senza risposta.
Qualche elemento in più invece si sa sul fronte dei paesi di AES. Le autorità di quest’ultimi hanno annunciato la sera del 14 dicembre (quindi alla vigilia del summit di Abuja) che le persone dei paesi CEDEAO potranno circolare liberamente all’interno dei loro confini. Lo stesso varrà per i veicoli privati e commerciali.
È un’apertura che chiama implicitamente ad un’applicazione reciproca da parte opposta. Se ciò avvenga, è tutto da vedere. Il trio di AES sa di avere molto più da perdere sul fronte della libera circolazione di cittadini, rispetto alla CEDEAO. Che infatti ha in questo una delle sue leve diplomatiche più preziose.