Ci sarebbe la mano del gruppo russo Wagner dietro un recente attacco contro il birrificio Mocaf, filiale del gruppo francese Castel a Bangui, almeno secondo la ricostruzione fatta da Radio France International (Rfi).
La notte tra il 5 e il 6 marzo due gruppi di uomini armati, a volto coperto e con divise militari, hanno lanciato decine di molotov oltre il muro perimetrale, incendiando e distruggendo parzialmente il magazzino del birrificio. Quasi nessuna tra le fonti interpellate localmente da Rfi mette in dubbio l’appartenenza del commando ai paramilitari russi.
La polizia ha invece accusato sette persone arrestate la sera del 6 marzo in un motel vicino al birrificio.
L’azienda denuncia un “atto criminale e premeditato” che causato “significativi danni economici e materiali”, ed è volto a “fermare le sue attività”.
L’incendio è l’ultimo di una serie di atti dolosi, manifestazioni ostili e attacchi online che dall’inizio dell’anno hanno preso di mira la filiale Centrafricana del colosso francese Castel. Dietro, secondo Rfi, ci sarebbe il gruppo Wagner, impegnato ad espandere le proprie attività nel paese grazie alla solida alleanza con il governo di Bangui.
“Oro, diamanti, legno, liquori; ora prendono di mira l’agricoltura e il bestiame e sono anche sospettati di partecipare al traffico di carburante. Diversi osservatori locali notano che la campagna contro Castel coincide con il lancio di ‘Afrika Ti l’or’, una birra prodotta alla Casa Russa di Bangui dal gruppo Wagner. Che vorrebbe imporlo sul mercato locale, ma che non ha le capacità produttive necessarie”, scrive Rfi.
A favore dei russi gioca anche il fatto che Castel sia accusata di finanziare gruppi armati che continuano a destabilizzare il Paese.
Nell’agosto 2021 un rapporto del watchdog statunitense The Sentry, rivelava che, per consolidare le proprie attività commerciali nella regione centrale di Ouaka, Sucaf Rca, altra azienda locale controllata da Castel, ha stretto accordi di protezione con il gruppo armato (ex Seleka) Unità per la pace in Centrafrica (Upc), guidato da Ali Darassa, milizia accusata dall’Onu di uccisioni di massa, rapimenti, torture, reclutamento di bambini soldato e violenze sessuali.
In seguito al report l’azienda è stata messa in liquidazione e in Francia è stata aperta un’indagine preliminare contro Castel per complicità in crimini di guerra e contro l’umanità.
Peraltro, scrive ancora Rfi, sul sito della Sucaf di Ngakobo, a fine gennaio, il ministro dell’allevamento Hassan Bouba assicurava in un video che le filiali di Castel hanno continuato a “fornire” ai ribelli “munizioni, carburante e cibo”.
Nel rapporto di The Sentry si ricostruisce la relazione tra la storia del conflitto in Centrafrica e il coinvolgimento della Castel, che pare abbia dato in passato il suo supporto anche al generale François Bozizé, salito al potere nel 2003 (fino al 2013) con un colpo di Stato che destituì il presidente Ange-Félix Patassé, che sarebbe il manovratore occulto dei miliziani dell’Upc.
Ma evidentemente la dominate presenza di Mosca al fianco del presidente Faustin-Archange Touadéra, a partire dal 2019, ha cambiato drasticamente le carte in tavola per il gigante francese, terzo produttore di vino al mondo e secondo produttore di birra in Africa, continente che si contende con l’altro gigante occidentale Heineken.