«Il popolo ha scelto di dire “sì” e penso che ciò sia necessario per un popolo che ha deciso di tracciare la propria rotta verso il futuro». Queste le parole con cui Mahamat Assileck Halata, ministro della Pianificazione e responsabile delle comunicazioni del Ciad, ha commentato il risultato del referendum costituzionale del 17 dicembre.
Alla nuova Carta voluta dalla giunta militare golpista, ha affermato la commissione governativa che ha organizzato la votazione popolare, ha detto “si” l’86% degli elettori.
La stessa commissione ha aggiunto che l’affluenza alle urne è stata di circa il 64% degli otto milioni di persone aventi diritto di voto.
Le autorità militari del Ciad hanno definito il voto un trampolino di lancio fondamentale verso le elezioni del prossimo anno.
Molti leader dell’opposizione, tuttavia, hanno sostenuto che si è trattato solo di una strategia per preparare la strada all’elezione presidenziale dell’attuale capo della giunta militare Mahamat Idriss Déby, che assunse il potere nel 2021 in seguito alla morte del padre, Idriss Déby, a salito a sua volta al potere grazie a un colpo di Stato 31 anni prima (1990-2021).
In base al referendum, la nuova costituzione manterrà uno stato unitario, che il Ciad ha avuto fin dall’indipendenza, mentre alcuni oppositori puntavano alla creazione di uno stato federale, affermando che avrebbe contribuito a stimolare lo sviluppo.
Diversi gruppi di opposizione avevano chiesto il boicottaggio del voto, come ha dichiarato Yoyana Banyara, capo del Blocco Federale, uno dei gruppi che aveva spinto per il “no”, il quale ha detto dopo l’annuncio dell’esito del voto: «Hanno manipolato i risultati, posticipando la pubblicazione per renderli pubblici solo dopo averli manipolati».
Brice Mbaïmon Guedmabaye, presidente del Movimento dei patrioti ciadiani per la Repubblica (MPRT) e coordinatore del fronte del “no” al referendum, ha affermato dal canto suo di ritenere che i risultati non siano assolutamente credibili.
«Oggi l’opinione della gente viene semplicemente dirottata», ha sostenuto Guedmabaye.
L’anno scorso il governo di Mahamat aveva rinviato al 2024 le elezioni presidenziali e per la cessione del potere a un governo civile – inizialmente previste dopo 18 mesi dalla morte di Déby padre -, così da consentirgli di preparare il terreno alla sua candidatura ed elezione a capo dello Stato.