Alla vigilia del dialogo nazionale inclusivo che si aprirà sabato prossimo a N’Djamena e che vede coinvolti 1.400 delegati, la giunta militare al potere dall’aprile 2021 ha siglato un accordo di non aggressione con il Sudan.
Ciad e Sudan condividono un confine di 1300 chilometri. L’accordo è stato firmato dai comandanti della forza congiunta Ciad-Sudan, il generale Ousman Barh Mahamat Itno (Ciad) e il generale Djallal Bakhit Ibrahim (Sudan), e fa riferimento alle violenze transfrontaliere dello scorso 4 agosto, che hanno causato morti e feriti in entrambe le parti.
La notizia dell’accordo è stata data dal quotidiano locale ciadiano Alwihda Info. Secondo il quotidiano, «i comandanti della forza mista hanno costituito una commissione per dirimere il conflitto e trovare soluzioni».
Intanto l’attenzione dei ciadiani è rivolta al dialogo nazionale, che durerà tre settimane e che ha il compito di portare al voto, stabilendo un calendario preciso. Finora la giunta militare, presieduta da Mahamat Idriss Déby Itno – figlio del presidente Idriss Déby, morto un anno e mezzo fa nel corso di un’azione contro un gruppo ribelle – si è limitata a promettere di cedere il potere ai civili dopo una transizione di 18 mesi. Il tempo è quasi terminato, non si vede come possa avvenire questo passaggio di poteri attraverso il voto e quindi si prefigura un allungamento della transizione.
Al dialogo, che il Consiglio militare di transizione (Cmt) definisce inclusivo e sovrano, partecipano, oltre ai militari, rappresentati di sindacati, di partiti politici e di gruppi ribelli che hanno sottoscritto recentemente a Doha un accordo di pace con il Cmt.
Non riconosce l’accordo di Doha e non partecipa al dialogo il Fronte per l’alternanza e la concordia in Ciad (Fact), uno dei principali gruppi ribelli. Quindi parte claudicante il dialogo nazionale che dovrà anche affrontare anche i temi delle riforme istituzionali e il progetto di una nuova Costituzione.