La Gran Croce dell’Ordine Nazionale del Ciad e addirittura il nome di una strada che connette i centrali secondo e quarto arrondissement della capitale Ndjamena. Non si può dire che non sia stata in pompa magna l’accoglienza riservata in Ciad a Felix Tshikesedi, il presidente della Repubblica democratica del Congo che è giunto ieri nel paese e a cui sono state appunto conferiti diversi riconoscimenti. Ma su questa scintillante accoglienza pesano delle ombre.
Meglio andare per gradi: la Gran Croce è la più alta onoreficenza dell’Ordine nazionale ciadiano, istituito nel 1960 dall’allora presidente François Tombalbayem, prima guida dello stato dopo l’indipendenza ottenuta proprio nel 1960 dalla Francia. La decorazione è riservata a coloro che hanno reso importanti servizi alla nazione. A Tshikesedi la Gran Croce è stata consegnata dall’omologo Mahamat Deby Itno. Il giorno dopo aver ricevuto l’onoreficenza, il capo di stato congolese si è recato nel centro della capitale per assistere alla cerimonia di intitolazione della strada già citata, situata nello stesso quadrante di palazzo presidenziale e aeroporto.
L’accordo con Masra
Ma quali i meriti del leader congolese? Principalmente uno, quello di aver contribuito alla transizione politica del Ciad in qualità di mediatore della Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale (ECCAS). La transizione si è resa necessaria nel 2021, dopo la morte dell’uomo che aveva guidato il paese per 30 anni: l’ex presidente Idriss Deby, giunto al potere con un golpe nel 1991, è rimasto ucciso nell’aprile di tre anni fa dopo aver preso parte a uno scontro fra l’esercito e una milizia armata nel nord del paese. Con modalità non compatibili a quelle stabilite dall’ordinamento ciadiano, almeno a detta di opposizioni e società civile, al padre è poi succeduto il figlio Deby Itno, attuale capo di stato. Presidente prima ad interim per tre anni e infine eletto definitivamente con il 61% dei consensi alle elezioni dello scorso 6 maggio.
Il valore del voto è stato sottolineato anche da Tshikesedi al momento di ricevere la Gran Croce. «Accettando questa decorazione – ha dichiarato il capo di stato – rendo omaggio allo spirito di collaborazione e solidarietà che unisce le nostre nazioni, nonché alla determinazione di ciascuno di noi a costruire un futuro migliore per il nostro continente. Il processo di transizione nella Repubblica del Ciad è una testimonianza eloquente di questa solidarietà africana e di un risveglio africano».
Il governo di Kinshasa è stato decisivo l’anno scorso, quando ha facilitato un accordo fra l’attuale presidente e Success Masra, leader dell’opposizione che si trovava all’epoca in esilio e che dopo l’intesa caldeggiata da Rd Congo ed ECCAS è stato nominato premier nell’esecutivo di transizione. Il politico, leader del partito dei Les Transformateurs, ha poi sfidato Deby Itno alle elezioni, arrivando secondo col 18,5% dei voti e lamentando brogli. L’intesa ha parzialmente sciolto anche un altro nodo molto importante per Masra e il suo partito e in generale per tutta la società civile ciadiana. Per effetto dell’accordo sono stati infatti scarcerati e amnistiati centinaia di manifestanti che erano stati arrestati e condotti in un carcere di massima sicurezza – Koro Toro, 600 chilometri dalla capitale – il 20 ottobre del 2022. Giorno in cui migliaia di persone erano scese in piazza per protestare contro la scelta del governo di prolungare di due anni il periodo di transizione, cosa che poi è di fatto avvenuta.
Impunità
I cortei erano stati repressi con molta violenza. Secondo le autorità di Ndjamena, le vittimi civili della giornata sono state almeno 70, più di 120 per la Commissione nazionale per i diritti umani (CNDH) e molti di più ancora per opposizioni e società civile locale e internazionale, che hanno lamentato anche la sparizione di centinaia di persone. Il contributo del Rd Congo e di ECCAS sembra essere stato quindi positivo almeno nella misura in cui ha contribuito a far scarcerare le persone detenute. In realtà, non è tutto ora quello che luccica, anzi. L’organismo regionale non ha infatti mai presentato i risultati di una sua inchiesta sui fatti – che sarebbe invece stata svolta – di fatto dando una grande mano alle pretese di impunità del governo, che si è sempre rifiutato di indagare sulle violazioni denunciate il 20 ottobre nonostante le pressioni internazionali. E anche questo, forse, spiega un po’ dell’entusiasmo con cui è stato accolto Tshikesedi