«Tra i personaggi devi sempre inserire l’Africana Affamata, che si aggira quasi nuda per il campo profughi in attesa della benevolenza dell’Occidente. I suoi figli hanno le mosche negli occhi e il pancino gonfio, i suoi seni sono sgonfi e vuoti». È uno dei “consigli” che Binyavanga Wainaina elenca nel suo saggio Come scrivere dell’Africa, insieme ad «assicurati di scrivere che gli africani hanno la musica e il ritmo nell’anima» e «i lettori ci rimarranno male se non nomini la luce che c’è in Africa. E i tramonti: il tramonto africano è un must».
Uscito nel 2005 su Granta – e tuttora l’articolo più letto del trimestrale online inglese – Come scrivere dell’Africa è il titolo della raccolta di una ventina di testi che 66thand22nd ha recentemente pubblicato come omaggio allo scrittore keniota prematuramente scomparso nel 2019 e di cui nel 2013 aveva già presentato il memoir Un giorno scriverò di questo posto (e ora lo riedita).
Wainaina dice di avere scritto il saggio contro la lettura stereotipata dell’Africa in odio a Ryszard Kapuscinski, il reporter polacco considerato dai media occidentali grande esperto del continente nero, che lui detesta e accusa di razzismo.
In altri capitoli del libro invece i bersagli del suo affilato sarcasmo sono l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy e l’ex premier britannico Tony Blair, come pure non risparmia frecciate ad Angelina Jolie, Madonna, Bob Geldof e alle ong straniere (Oxfam in particolare): «amanti della nostra Nazione, decine di migliaia di 4×4 stanno straziando il paese alla ricerca di un progetto da amare».
Fra gli scritti selezionati c’è Scoprire casa, l’articolo con cui Wainaina ha vinto il Caine Prize per la letteratura africana nel 2002, pubblicato, come molti altri suoi pezzi, sulla rivista online G21Net dell’editore afroamericano Rod Amis. Con i soldi del premio ha fondato Kwani? un magazine che promuove giovani talenti e il dialogo fra scrittori dell’Africa subsahariana.
Nel racconto vincitore c’è tutta la dolcezza del ritorno in famiglia, delle feste nei villaggi, dei tanti incontri casuali ma ricchi di significato. La scrittura di Wainaina scorre veloce, sorprende e appassiona: si imparano molte cose, anche la ricetta dei gamberi in salsa palaver o del pollo brasato swahili (nel capitolo Erotomane culinario dove celebra le prelibatezze della cucina africana).
Il suo sguardo si posa su tutti gli aspetti del quotidiano, che sia il rito della circoncisione, il taglio dei capelli dal barbiere, un giro al mercato o un tragitto in minibus, in modo fresco e disincantato, mai banale. Wainaina viaggia nel continente africano raccontando tradizioni che stanno scomparendo e nuovi poteri assoggettati al dio denaro.
Coraggioso e irriverente nell’affrontare la realtà, vede di buon occhio la presenza degli investitori cinesi «a me sembra che le loro ragioni siano più oneste, trasparenti e sincere dei discorsetti paternalistici per bambini rifilati dai nostri partner (europei) con la valigetta che vogliono avviare imprese a prova di fallimento grazie a fondi caritatevoli»