Scontri e violenze si stanno verificando nelle Comore dopo l’annuncio dei risultati delle elezioni che si sono svolte il 14 gennaio. Il voto è stato segnato da un’affluenza minima del 16% ed è stato preceduto da denunce di frodi e richieste di boicottaggio da parte delle opposizioni.
Le urne non hanno riservato sorprese: stando ai risultati provvisori resi noti ieri dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI), il presidente in carica Azali Assoumani si è riconfermato al primo turno con quasi il 63% delle preferenze, come largamente previsto. Ad arrivare secondo, con il 20% dei consensi, è stato Salim Issa Abdallah, volto del partito di opposizione Juwa guidato dall’ex presidente Ahmed Abdallah Sambi, attualmente in carcere con una condanna all’ergastolo per alto tradimento.
Domenica i cittadini delle Comore hanno anche scelto i governatori delle tre isole che compongono l’arcipelago. In tutte e tre le regioni hanno vinto i candidati della maggioranza. I risultati devono essere ora confermati dalla Corte suprema.
Il capo dello stato, pure leader di turno dell’Unione Africana, ha quindi ottenuto quasi sicuramente il terzo mandato consecutivo e il quarto a partire dal 2002. A questi va sommato il mandato militare instaurato dopo un golpe nel 1999.
I disordini
Secondo quanto riportato dall’emittente Radio France Internationale (RFI), a partire da stamattina scontri si stanno verificando in diverse aree della capitale Moroni, mentre militari sono stati schierati in strada per ristabilire l’ordine. Gli attivisti hanno eretto barricate mentre le forze di sicurezza hanno risposto lanciando gas lacrimogeni. Per Il portale Comores-infos, dimostranti hanno anche attaccato il ministero della Pianificazione territoriale. Il parcheggio della struttura è stato dato alle fiamme, come confermano anche dei video rilanciati su X dal cronista locale Abdou Moustoifa, redattore del quotidiano al-Watwan e corrispondente anche per Reuters.
Le Comore, un arcipelago situato nell’area settentrionale del canale di Mozambico, hanno dichiarato la loro indipendenza dalla Francia nel 1975. Gli anni che sono seguiti all’affrancamento da Parigi sono stati segnati da un clima di instabilità, con colpi di stato e cicliche rivolte in alcune delle isole.
Come ci si è arrivati
Numerosi i segnali che avevano lasciato presagire una fase post elettorale turbolenta anche in vista di questo voto. Le opposizioni hanno fin da subito contestato la legittimità degli organi elettorali, denunciato l’esclusione della numerosa comunità della diaspora all’estero e lamentato irregolarità già nella fase di registrazione dei candidati.
Riuniti in conferenza stampa sul finire della giornata elettorale, alcuni candidati contrari al presidente hanno poi riportato casi di utilizzo irregolare di deleghe, introduzione nei seggi di schede già compilate con un voto a favore del presidente in carica e la chiusura anticipata delle operazioni di voto in alcune aree. «Pensavamo che come presidente dell’Unione Africana, Azali avrebbe rispettato le regole. Ma è recidivo», ha scandito il candidato indipendente Mouigni Baraka, in un probabile riferimento anche alle precedenti elezioni del 2016, che si dovettero ripetere in alcune località a seguito di accuse di brogli.
I tentativi di manipolare le consultazioni riportati dalle opposizioni trovano conferma nelle dichiarazioni della piattaforma di osservazione delle elezioni della società civile, che ha si riscontrato un «clima calmo» durante il voto, ma anche diverse irregolarità. Casi isolati di manomissioni e incidenti sono stati ammessi anche dalla missione congiunta di osservatori di UA, Organizzazione internazionale della francofonia (OIF) e Eastern Africa Standby Force (EASF), un’organizzazione regionale composta da elementi militari, di polizia e civili. Al netto di questo, i tre enti hanno definito soddisfacente l’andamento della giornata elettorale.