Dopo la firma del Memorandum d’intesa Ue-Tunisia, tanto criticato dall’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e da varie organizzazioni umanitarie, l’Italia prosegue la sua marcia di accreditamento europeo sul tema migratorio con l’organizzazione della Conferenza internazionale di Roma di domenica 23 luglio: il summit tenutosi alla Farnesina tra sedici capi di stato e di governo con il proposito di “contrastare il traffico di esseri umani e di promuovere lo sviluppo di un nuovo modello di cooperazione tra Stati”.
Tanti i volti noti ad accreditare l’evento, dal presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed al discusso presidente tunisino Kais Saied, dal presidente del Consiglio presidenziale libico, Mohammed el Menfi e al premier Abdul Hamid Dbeibah alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e del Consiglio europeo Charles Michel.
Un incontro di un Mediterraneo allargato, che va dalle isole Canarie al golfo Persico, in cui oltre ai paesi UE del Med5 – Spagna, Malta, Grecia, Cipro e Italia – si sono aggiunti rappresentanti degli Stati nordafricani e del Golfo.
Un summit, che la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha chiamato “Processo di Roma”, voluto per dare inizio a un impegno comune e collaborativo per contrastare quella “immigrazione illegale di massa” che “danneggia tutti”.
Un impegno che, si legge nel documento conclusivo, si concluderà con un piano di azione.
Per il quale “sarà istituita una rete di rappresentanti dei partecipanti alla conferenza che si incontreranno regolarmente per identificare i meccanismi di coordinamento e seguire l’attuazione”.
Dal piano però rimangono fuori, inspiegabilmente, Francia e Germania, non invitate alla riunione internazionale.
Nonostante gli importanti rapporti della prima con diversi paesi africani (nonché l’importante realtà delle due enclave in terra d’Africa) e della seconda, paese di destinazione di numerose persone richiedenti asilo e rifugiate.
Mentre il governo autocelebra il summit, le ong Refugees in Libya e Mediterranea Saving Humans hanno organizzato un contro summit, l’African counter summit, per raccontare un’altra storia, dando spazio alle testimonianze dirette di persone attiviste e rifugiate, costrette a scappare dai paesi africani.
Un summit di denuncia di quelli che le due ong chiamano “gli accordi della vergogna” che sono stati firmati tra Tunisia e Unione europea e che hanno assegnato 105 milioni al paese maghrebino per la lotta all’immigrazione irregolare.
Lo stesso paese dove mancano i diritti ed è scattata la caccia al nero. Come per la Libia, lo scambio denaro-esternalizzazione delle frontiere si ripete.