Presiedendo il 27 marzo scorso la seduta ordinaria del Consiglio superiore della magistratura (Csm), il presidente della Repubblica del Congo, Denis Sassou-Nguesso, ha denunciato la corruzione tra membri della magistratura, evocando un “tarlo nel frutto”, “forse non solo nel settore della giustizia, ma in tutti i settori dello Stato”.
Un’affermazione che suona quantomeno tardiva, visto che il 79enne è da quasi 40 anni capo dello Stato. Periodo nel quale Sassou-Nguesso ha altre volte deplorato la corruzione “su larga scala” che affligge il Paese, senza peraltro mettere in campo iniziative significative per debellarla.
Cosa che è avvenuta anche nell’ultima seduta del Csm, con la destituzione o la retrocessione di una ventina di magistrati e con altri che si sono visti togliere alcune delle loro funzioni. Mentre altri ancora sono stati semplicemente rimproverati.
Ci sono stati anche dei licenziamenti – nove in totale, tra cui il procuratore generale di lunga data presso la Corte d’appello di Brazzaville – per motivi non specificati dal Csm.
Insomma, vecchio problema e vecchie, fallimentari soluzioni. Cosa che, peraltro, ha ricordato anche lo stesso presidente congolese, ovvero che già in passato dei magistrati erano stati sollevati dall’incarico per corruzione. Sette, nel 2018, per “gravi colpe”.
“Ne avevamo nominati altri”, ha detto Sassou-Nguesso, secondo quanto riportato nel comunicato del Csm. “E, solo pochi mesi dopo, i nuovi magistrati hanno cominciato a fare come quelli appena esonerati e anche peggio”. Succederà ancora?
Ne è convinto Maixent Hanimbat Emeka, capo del Forum pour la gouvernance et les droits de l’homme (Fgdh), che chiede al presidente di fare molto di più. Interpellato da Rfi, ha dichiarato: «Come attore della società civile, non sarò ipocrita nel versare lacrime di coccodrillo sul destino di giudici senza scrupoli».
«Al di là del sistema giudiziario il ‘tarlo che sta nel frutto’ è nell’amministrazione, con “indelicatezze” finanziarie, con brogli elettorali… Tutto questo è legato, perché spesso i magistrati vengono arrestati per insabbiare brogli elettorali».
Solo pochi mesi fa un rapporto di un’altra ong, il Centro per l’azione per lo sviluppo (Cad) dipingeva un quadro molto desolante in Congo, denunciando tra l’altro massicce frodi elettorali, arresti arbitrari, torture e pessime condizioni igieniche nelle carceri.
E, d’altronde, occorre ricordare anche i numerosi scandali per corruzione, sottrazione di fondi pubblici e riciclaggio, piombati sul presidente e sulla sua famiglia dal 2017 in poi, che hanno visto sotto inchiesta in Francia la figlia e il figlio di Sassou-Nguesso.
Per non parlare di altre inchieste, giornalistiche come quella dei “Pandora Papers” del 2021 e della magistratura svizzera e italiana, che hanno rivelato un coinvolgimento diretto della famiglia presidenziale in casi di corruzione riguardanti il settore energetico, e rispettivamente il gruppo Gunvor ed Eni (quest’ultimo andato a patteggiamento a Milano due anni fa perché accusato di induzione indebita).