La guerra russa in Ucraina avrà conseguenze anche in Africa. I legami con Mosca sono diventati sempre più importanti negli ultimi anni. Accordi militari e la presenza, più o meno evidente, di addestratori dell’esercito russo e dei mercenari del gruppo Wagner, legati direttamente al presidente Putin, interessano ormai la gran parte dei paesi del continente.
Ne è un segnale, ad esempio, la visita a Mosca del vicepresidente del Consiglio sovrano sudanese, Mohamed Hamdan Daglo, detto Hemetti, nei giorni dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Le sue dichiarazioni sono state lette come un appoggio all’operazione: «La Russia ha il diritto di agire nell’interesse dei suoi cittadini e di proteggere il suo popolo». Parole significative, anche se sono state immediatamente ridimensionate dal ministro degli esteri di Khartoum, che sta tentando di non deteriorare ulteriormente i rapporti del suo governo con l’Occidente.
Questo non ha impedito, tuttavia, ad Hemetti, di proseguire i suoi incontri ai massimi livelli con la leadership di Mosca. Secondo l’agenzia ufficiale sudanese Suna, il 25 febbraio scorso, mentre l’esercito russo penetrava sempre più profondamente in territorio ucraino, incontrava Nikolai Patrushev, capo del Consiglio di sicurezza della federazione russa, con il quale concordava una cooperazione congiunta “in tutti i campi e a tutti i livelli, da quello bilaterale a quelli internazionali”.
Altri, nel continente, hanno invece preso le distanze da Mosca in modo inequivocabile. Importante e significativa è la richiesta sudafricana di ritirare immediatamente le truppe dal territorio ucraino, ribadendo che la disputa deve essere risolta pacificamente. Il Sudafrica è considerato al Cremlino come il maggior alleato in Africa e dunque la sua presa di posizione brucia particolarmente. I due paesi hanno consolidati legami economici. Il Sudafrica ha investimenti in Russia per circa 80 miliardi di rand, pari a 5 miliardi di dollari, mentre quelli russi in Sudafrica ammontano a poco più di un terzo, circa 23 miliardi di rand, circa 1 miliardo e mezzo di dollari.
Durissimo il discorso dell’ambasciatore keniano Martin Kimani al Consiglio di sicurezza Onu, dove il Kenya in questo periodo ha il seggio di membro non permanete: «L’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina sono state violate. La carta delle Nazioni Unite continua ad indebolirsi sotto gli assalti incessanti dei potenti». Anche Gabon e Ghana, pure membri non permanenti del Consiglio di sicurezza, hanno condannato l’operazione militare russa contro l’Ucraina.
Tranne l’ambigua posizione sudanese, nessun paese africano ha finora appoggiato apertamente Mosca, neppure il Mali e la Repubblica Centrafricana, dove i miliziani della compagnia Wagner agiscono alla luce del sole in supporto dei locali governi.
Vedremo prossimamente se l’attacco russo all’Ucraina avrà conseguenze diplomatiche di medio e lungo periodo nel continente. Le conseguenze economiche si vedranno invece immediatamente, e con ogni probabilità saranno molto pesanti.
Grano, mais e olio di semi
In gioco ci sono infatti, tra l’altro, i rifornimenti di alimenti di base, di cui Russia e Ucraina sono tra i massimi produttori mondiali e tra i maggiori fornitori di diversi paesi del continente. Lo afferma Wandile Sihlobo, economista alla Camera d’affari agricola sudafricana (Agbiz) e membro del Consiglio economico consultivo presidenziale (Peac).
Alcuni dati aiutano ad inquadrare il problema. Nel 2020 i paesi africani hanno importato dalla Russia prodotti agricoli per un valore di 4 miliardi di dollari; circa il 90% era grano e il 6% olio di semi di girasole. Il maggior importatore è stato l’Egitto (circa la metà del giro d’affari), seguito da Sudan, Nigeria, Tanzania, Algeria, Kenya e Sudafrica. L’Ucraina ha invece esportato in Africa prodotti agricoli per un valore di 2,9 miliardi di dollari; circa il 48% era grano, il 31% mais e poi olio di semi di girasole, orzo e semi di soia.
I due paesi sono tra i maggiori produttori mondiali di grano e contribuiscono al suo commercio internazionale per oltre un quarto del totale: la Russia con il 18% e l’Ucraina per l’8%. Insieme contribuiscono anche per il 14% del totale di mais e per il 58% di olio di semi di girasole.
Secondo numerosi esperti, l’azione militare russa in Ucraina potrebbe minare la stessa stabilità dei mercati delle derrate alimentari a livello internazionale e provocare un ulteriore notevole aumento dei prezzi. Nei giorni precedenti all’invasione russa dell’Ucraina c’era già stato un notevole aumento dei prezzi di diverse derrate alimentari sul mercato internazionale rispetto all’anno scorso, in cui peraltro, i prezzi erano già saliti notevolmente: + 21% del mais, + 35% del grano, + 20% dei semi di soia e + 11% dell’olio di semi di girasole.
Ne sarebbero colpiti in particolare i paesi africani, in cui i prodotti citati costituiscono il cibo di base della popolazione, già messa a dura prova dalla crisi economica provocata dalla pandemia e dalla scarsità della produzione interna, drasticamente ridotta dall’ennesimo periodo di siccità, fenomeno reso sempre più lungo e frequente dai cambiamenti climatici in atto. All’aumento del prezzo delle derrate alimentari si deve aggiungere quello dei trasporti, dal momento che anche il petrolio ha ormai raggiunto i 100 dollari a barile, il livello più alto dal 2014.
Secondo diversi analisti economici, il prezzo del pane potrebbe aumentare del 30% in diversi paesi africani. Questo farebbe crescere anche il rischio di instabilità. Ѐ stato proprio l’aumento del prezzo del pane a scatenare le rivolte della primavera araba e, più recentemente, la mobilitazione popolare che ha provocato la caduta del trentennale regime del presidente Omar El-Bashir in Sudan nel 2019.
Studenti in trappola
Un altro impatto della crisi sugli africani è già evidente. L’Ucraina è la meta di moltissimi studenti africani, attirati dalla qualità dell’insegnamento nelle sue università e dal costo degli studi e della permanenza, molto minore di quelli di quasi tutti gli altri paesi europei. Sarebbero decine di migliaia gli studenti intrappolati nelle città ucraine sotto assedio. Solo da Marocco, Nigeria ed Egitto se ne conterebbero almeno 16mila.
In questo momento si trovano da soli, senza poter chiedere protezione alle loro ambasciate, senza soldi, senza voli che li possano portare a casa, senza visti per muoversi legalmente in Europa, sempre che non sia già troppo tardi per poter raggiungere in sicurezza il confine. Chiedono di essere evacuati, ma per ora non è affatto chiaro se e quando sarà possibile organizzare eventualmente l’operazione in sicurezza.