Questo articolo è uscito sulla rivista Nigrizia di febbraio 2023
A una prima lettura della legge di bilancio 2023 appaiono tacitati, perché ingiustificati, i tradizionali borbottii vittimisti del mondo della cooperazione. La spesa prevista per l’Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) è salito a 6,2 (circa) miliardi di euro a fronte dei 5,2 del 2022.
Certo, il rapporto tra Aps e reddito nazionale lordo (parametro che misura la reale crescita degli impegni finanziari nel settore) è ancora ben distante dall’obiettivo di arrivare allo 0,7% entro il 2030.
Le fanfare, i governi italiani, le hanno riservate al mondo delle stellette con l’ipotesi di portare le spese militari al 2%. L’obiettivo dello 0,7%, assunto nel settembre 2015 dai governi di 193 paesi membri dell’Onu, pare finito, invece, tra gli scatoloni impolverati nel sottoscala della politica.
L’ultima legge di bilancio sembra certificare un’inversione di tendenza. Ma è realmente così? I numeri non mentono. Nascondono, tuttavia, molte realtà. Fotografano. Talvolta, però, sono più importanti le didascalie delle foto in sé.
È questo il caso.
Innanzitutto: «L’aiuto pubblico allo sviluppo è l’insieme delle attività volte a perseguire il miglioramento delle condizioni socio-economiche in aree a basso tasso di sviluppo attraverso l’impiego di risorse pubbliche», nella definizione di Open Cooperazione, la piattaforma che aggrega i dati di trasparenza delle organizzazioni attive nella cooperazione internazionale e nell’aiuto umanitario.
Come è suddiviso l’Aps
Gli stanziamenti destinati all’Aps sono suddivisi tra numerosi capitoli di previsione di spesa di diversi ministeri. Principalmente, del dicastero dell’economia e finanza (Mef), di quello degli affari esteri e della cooperazione italiana (Maeci) e del ministero dell’interno.
Prima didascalia: l’incremento dell’Aps è trainato prevalentemente dal Mef. Il che significa che quei finanziamenti sono destinati al canale multilaterale dell’aiuto. Contributi obbligatori, quindi, che vanno a finanziare iniziative comunitarie, oppure a rimpolpare banche e fondi di sviluppo.
Un esempio: nel 2023 dei 2,8 miliardi di euro messi a disposizione del Mef, 2,2 miliardi rappresentano un contributo alla quota bilancio dell’Unione europea destinata all’Aps; 433 milioni sono destinati a banche, fondi per organizzazioni internazionali; 93 milioni a iniziative per la cancellazione del debito…
Seconda didascalia: gli stanziamenti complessivi del Maeci per l’Aps (quelli diretti alla cooperazione bilaterale) sono 1,26 miliardi. Erano 1,3 nel 2022.
Terza didascalia: l’incongruenza massima e lampante è data dalle risorse inserite dal ministero dell’interno come Aps, quelle utilizzate per la gestione dell’accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo. Il Comitato d’aiuto allo sviluppo (Dac) dell’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (Ocse) lo chiama “aiuto gonfiato”.
Si tratta di un miliardo e mezzo di euro. Perché incongruenza? Negli ultimi anni c’è un abisso tra i finanziamenti messi a bilancio dal Viminale e quelli poi effettivamente rendicontati dall’Ocse a questo scopo.
Prendiamo gli ultimi due anni: il ministero ha messo a bilancio cifre di poco superiori al miliardo e mezzo. Quelle poi spese hanno oscillato tra i 201 milioni di euro e i 470 milioni. Una variazione superiore al miliardo che «rende le previsioni di spesa del Viminale nel settore della cooperazione del tutto inaffidabili», come scrive openpolis.
La novità di quest’anno è che per la prima volta compaiono come Aps le risorse del Fondo rotativo per il clima messe a disposizione dal ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica: 420 milioni di euro.
Quarta didascalia: la dimostrazione che l’Italia, qualunque vestito politico indossi, soffre di scarsa visione strategica in questo settore è rappresentata dai tagli al capitolo di spesa relativo al finanziamento dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo: meno 50 milioni di euro. Agenzia che nella riforma della legge sulla cooperazione del 2014 doveva diventare il perno per una politica più efficiente.
Non solo. Il governo Meloni ha destinato le briciole (30 milioni di euro) al fondo da ripartire per i paesi africani coinvolti dalle rotte migratorie verso l’Europa.
Gli interessi degli italiani
Una politica miope? In realtà anche questo esecutivo asseconda gli interessi (o il non interesse) degli italiani sul tema. A settembre 2022 l’Istituto affari internazionali e l’Università di Siena hanno esposto i risultati di una ricerca su Gli italiani e gli aiuti pubblici allo sviluppo.
Sconfortanti i dati principali: il 65,74% degli intervistati non conosce la percentuale di Reddito nazionale lordo destinato all’Aps. Meno del 40% è favorevole a un aumento degli aiuti. I
l 42,5% ha dichiarato di non aver mai sentito parlare degli obiettivi di sviluppo sostenibile. La maggioranza relativa pensa che le spese per Aps debbano rimanere come sono. C’è anche un buon 25% favorevole a una sua diminuzione.
Resta un mondo, quello della cooperazione e degli Aps, su cui gli italiani non hanno un’idea precisa. E la politica non li aiuta a farsela.