Alla Cop 27, la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che si sta tenendo in Egitto, si moltiplicano le dichiarazioni, le prese di posizione e le ipotesi di finanziamento della necessaria transizione ecologica. Con il rischio che le dichiarazioni rimangano tali e che questo appuntamento non produca scelte precise e sia del tutto interlocutorio.
Quest’oggi è stato reso noto un rapporto, commissionato dalla presidenza della Cop 27, che definisce gli investimenti che sarebbero necessari da qui al 2030 nei paesi in via di sviluppo – e l’Africa è pienamente implicata – per ridurre le emissioni di CO2 e per far fronte ai danni causati dal cambiamento climatico.
Per raggiungere questi obiettivi sarebbe necessario investire, ogni anno, 2.400 miliardi di dollari. 1.000 provenienti dai paesi sviluppati, dalle istituzioni internazionali e dagli investitori; e 1.400 dovrebbero essere il frutto di finanziamenti interni ai paesi in via di sviluppo.
«Il mondo ha bisogno di una nuova tabella di marcia per la finanza climatica», sottolineano gli economisti che hanno elaborato il rapporto. E indicano delle piste concrete come una revisione dei programmi delle banche multilaterali di sviluppo e un aumento dei prestiti a tasso d’interesse basso o nullo da parte dei paesi sviluppati.
Afferma l’economista Nicholas Stern, uno del autori del rapporto: «I paesi ricchi dovrebbero riconoscere che investire nell’azione climatica è nel loro interesse, oltre che una questione di giustizia. Si deve infatti tener conto dei gravi effetti causati dalle loro emissioni di ieri e di oggi».
E su questo tasto hanno battuto gli interventi di alcuni leader africani. Macky Sall, presidente del Senegal e presidente di turno dell’Unione africana, ha detto che il continente africano deve ricevere i finanziamenti promessi in nome del debito climatico e dei servizi che rende con le sue foreste. E Denis Sassou-Nguesso, presidente della Repubblica del Congo, ha ribadito che le foreste del bacino del fiume Congo catturano miliardi di tonnellate di CO2.
Sia il presidente del Gabon, Ali Bongo Ondimba, sia il presidente del Kenya, William Ruto, hanno deplorato il ritardo dei finanziamenti promessi dai paesi industrializzati. Ruto, che è il portavoce del gruppo Africa alla Cop 27, ha ricordato che il Kenya sta affrontando la peggiore siccità degli ultimi 40 anni.
In questi giorni di confronto, la Conferenza sul clima dovrà fornire qualche informazione precisa sui finanziamenti possibili e sulle date di erogazione. Diversamente è difficile pensare che i paesi africani, peraltro in crescita demografica, possano rinunciare o iniziare a rinunciare all’energia derivata dagli idrocarburi. Cosa che peraltro, al momento, non sembra essere tra le loro priorità.
Nel suo intervento di ieri, Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha invitato la comunità internazionale a rivedere il funzionamento del sistema finanziario internazionale per poter meglio aiutare i paesi (e ha citato le alluvioni in Pakistan) colpiti dal cambiamento climatico.