COP29: dall’Africa profonda delusione per l’accordo sul clima
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L’intesa prevede che le nazioni più inquinanti versino ai paesi in via di sviluppo 300 miliardi di dollari all'anno per fronteggiare gli effetti della crisi climatica. La richiesta era di oltre mille miliardi
COP29: dall’Africa profonda delusione per l’accordo sulla finanza climatica
25 Novembre 2024
Articolo di Redazione
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Sono reazioni infuocate quelle che arrivano dall’Africa sull’accordo finanziario approvato al termine della 29esima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP29), conclusa il 22 novembre a Baku, in Azerbaijan.

Un accordo che prevede un finanziamento di almeno 300 miliardi di dollari all’anno da qui al 2035 ai paesi più colpiti dai disastrosi effetti della crisi climatica. Un importo ben lontano dai 1,3 bilioni di dollari che i paesi in via di sviluppo chiedevano.

Cifra questa già al ribasso rispetto ai circa 2,8 bilioni di dollari, tra il 2020 e il 2030, indicati come necessari lo scorso agosto dal Gruppo africano di negoziatori riunito a Nairobi per concordare una posizione comune.

Gruppo che definisce oggi il testo dell’accordo sulla finanza climatica “totalmente inaccettabile e inadeguato”. Posizione condivisa da Fred Njehu, stratega politico panafricano di Greenpeace Africa, che parla senza mezzi termini di “colonialismo climatico”.

“L’offerta del Nord globale non è solo inadeguata, è un insulto a tutti gli africani che stanno già soffrendo per i disastri climatici. Questa non è finanza climatica, è colonialismo climatico”, denuncia Njehu.

“Mentre il nostro continente brucia, si allaga e muore di fame a causa di una crisi che non abbiamo creato, le nazioni ricche offrono pochi centesimi mentre intascano miliardi di profitti dai combustibili fossili”. “Questo accordo finanziario è una lezione magistrale di ingiustizia storica”, aggiunge.

Combustibili fossili la cui transizione verso il progressivo abbandono, focus della COP28 di Dubai, è addirittura scomparsa dai testi e dalle bozze di lavoro.

Dura la reazione di Greenpeace Africa anche per quanto riguarda l’accordo sul controverso commercio di crediti di carbonio. A intervenire è Lamfu Yengong, responsabile della campagna forestale dell’organizzazione ed esperto del bacino del Congo.

“I meccanismi del mercato del carbonio concordati a Baku non sono altro che uno schema neocoloniale mascherato da azione per il clima”, denuncia. “Ci rifiutiamo di lasciare che il patrimonio naturale dell’Africa diventi un parco giochi di compensazione a basso costo per gli inquinatori del Nord del mondo”.

Un disappunto espresso anche da gruppi della società civile africana, rappresentanti delle comunità indigene, gruppi religiosi e di agricoltori, giovani e parlamentari presenti ai negoziati.

“Questa COP è stata un disastro per il mondo in via di sviluppo”, ha affermato Mohamed Adow, direttore kenyano del think tank Power Shift Africa. “È un tradimento sia delle persone che del pianeta, da parte di paesi ricchi che affermano di prendere sul serio il cambiamento climatico”.

Inoltre, fa notare l’Ufficio del consigliere speciale delle Nazioni Unite per l’Africa (OSAA), la promessa di finanziamento di questo ultimo vertice rischia di restare in gran parte solo sulla carta, visto che il fondo Loss and Damage, istituito alla COP28 lo scorso anno, ha ricevuto solo 10 milioni di dollari dei 730 milioni promessi.

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