La corsa all’energia solare in Africa - Nigrizia
Ambiente Economia
Il mercato africano nei prossimi decenni sarà centrale anche per il settore delle rinnovabili
La corsa all’energia solare in Africa
Società cinesi, europee e dei paesi del Golfo continuano a costruire mega impianti nel continente. Per guadagnarsi un “posto al sole” nel futuro i paesi africani devono assorbire know how e creare proprie industrie
19 Settembre 2024
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 6 minuti
In Tanzania Elizabeth Mukwimba mostra il contatore dell'energia ottenuta grazie a un progetto fotovoltaico del DFID (Credit: UK Department for International Development / Flirck / CC BY 2.0)

Trenta nuovi progetti di energia pulita in Africa. È uno degli annunci fatti dal governo cinese in occasione del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC), tenutosi a Pechino dal 4 al 6 settembre.

A trainare questi progetti saranno soprattutto gli investimenti nell’energia solare che verranno fatti confluire in parte nel programma Africa Solar Belt.

Africa Solar Belt

Per anni gli investimenti cinesi nel solare sono stati destinati principalmente alla costruzione di impianti per la produzione industriale di energia. Tra questi c’è, ad esempio, un impianto solare da 50 megawatt in Kenya, il primo di questo genere nel paese del Corno d’Africa.

Dalla sua entrata in funzione nel 2019, l’impianto ha fornito una media di oltre 100mila megawattora di elettricità all’anno, sufficienti per coprire i bisogni di più di 350mila persone e 70mila famiglie.

Il limite di questi progetti è che però faticano a soddisfare la richiesta di elettricità da parte delle comunità che vivono nelle aree remote e rurali, dove l’accesso all’energia è scarso o del tutto assente.

Con Africa Solar Belt Pechino punta ora a rispondere a questa domanda di elettricità frammentata.

Nel 2023 due memorandum d’intesa bilaterali sono stati firmati con i governi di Ciad e São Tomé e Principe per la fornitura, entro il 2024, rispettivamente di 4.300 e 3.100 sistemi solari fotovoltaici, tecnologia che utilizza celle fotovoltaiche per convertire la luce solare in energia elettrica.

L’obiettivo, al 2027, è arrivare a dotare 50mila famiglie africane di sistemi fotovoltaici domestici e, in parallelo, fornire di impianti simili anche scuole e presidi sanitari.

Con questi investimenti Pechino punta a creare nuovi mercati da dare in pasto alla sua sovracapacità produttiva di veicoli elettrici e pannelli solari (di quest’ultimi controlla oltre l’80% della produzione globale).

E il mercato africano, per quanto fragile sul piano del potere di acquisto medio, per via della sua crescita demografica esponenziale nei prossimi decenni sarà centrale anche per il settore delle rinnovabili.

In questo percorso, gli ostacoli per la Cina non mancano e ci hanno già sbattuto contro negli ultimi anni altri programmi internazionali, come Lighting Africa della Banca mondiale e dell’International Finance Corporation, o Power Africa degli Stati Uniti.

La principale difficoltà per l’attuazione di questo tipo di programmi è, anzitutto, identificare e quantificare la domanda di elettricità a livello locale a causa della mancanza di dati affidabili.

Mancando questi dati, non è facile sviluppare modelli aziendali sostenibili e replicabili in grado di attrarre investimenti del settore privato. Infine, si rivela difficoltoso anche il passaggio del know how necessario per consentire una gestione e manutenzione in loco degli impianti.

I grandi impianti solari 

È anche per via di questi limiti strutturali che le grandi società energetiche internazionali guardando al continente africano continuano a puntare sulla costruzione di grandi impianti solari.

Per accedere al mercato la principale porta d’ingresso è rappresentata da tre paesi, ovvero Marocco, Egitto e Sudafrica, i maggiori produttori di energia solare, mediamente stabili dal punto di vista politico e, pertanto, più sicuri in termini di capacità di attrarre investimenti.

Secondo un rapporto del gennaio 2022 di IRENA (Agenzia internazionale per le energie rinnovabili), il Sudafrica da solo copre il 57% della capacità di produzione solare installata in Africa (10,4 GW), seguito da Egitto (16%) e Marocco (7%).

In Africa l’energia solare è il comparto delle rinnovabili che sta crescendo più rapidamente. Sempre secondo IRENA, tra il 2019 e il 2020 nel continente la capacità produttiva di energia da fonti rinnovabili è cresciuta di 2,6 GW, con il solare che copre il 48% del totale.

Considerato che l’uso di suolo per l’installazione di nuovi impianti è ad oggi molto scarso, le prospettive di crescita in termini produttivi sono enormi.

Ciò che non manca ai paesi africani, d’altronde, è la materia prima. Stando a un rapporto del 2020 della Banca mondiale, intitolato Solar Photovoltaic Power Potential by Country, in termini di potenziale solare a livello globale la Namibia è al primo posto, seguita nelle prime venti posizioni da Egitto, Lesotho, Libia, Botswana, Marocco, Sudafrica e Sudan.

Su questo enorme potenziale, in vastissima parte oggi inespresso, stanno investendo soprattutto compagnie cinesi, saudite, emiratine ed europee.

In Mali dal 2003 è attiva la cinese Sinodro che ora si prepara a costruire una nuova centrale solare a Fana, nel sud del Paese. Sarà il quarto impianto del Mali con una capacità di 100 megawatt e altri 50 megawattora di stoccaggio. Mentre nel maggio scorso sono iniziati i lavori per un parco solare a Safo, nella regione di Koulikoro, con l’entrata in funzione prevista per il 2025.

Un’altra società cinese, Hinen, è presente in Sudafrica e Kenya. Huawei Digital Power Technologies, in partnership con la ghanese Meinergy, sta costruendo in Ghana un mega impianto solare da un gigawatt e capacità di stoccaggio di 500 megawattora. In Algeria a gestire il più grande impianto solare del paese a Tamanrasset è PowerChina.

In Marocco ad aggiudicarsi la titolarità di Noor Ouarzazate, la più grande e innovativa centrale solare del mondo con una capacità installata di 580 megawatt, è stata la saudita Acwa Power, presente anche in Egitto, Sudafrica ed Etiopia.

Tra le società emiratine più attive ci sono Masdar, Phanes e Amea Power. Quest’ultima ha inaugurato la più grande centrale elettrica dell’Africa occidentale a Blitta, in Togo.

Tra gli attori europei primeggia il colosso norvegese Scatec, impegnato a consegnare entro la fine di quest’anno impianti solari in Camerun e Ciad. Il gruppo francese Voltalia è presente in Egitto e Burundi e presto lo sarà anche in Marocco e Tunisia.

Engie, sempre francese, ha realizzato diversi progetti in Marocco, Egitto e Sudafrica. Alla mega centrale di Sanankoroba, in costruzione in Mali, sta lavorando Novawind, controllata dell’agenzia nucleare russa Rosatom.

Di fronte a questi grandi investimenti i paesi africani sono chiamati a sfruttare al massimo ciò che di concreto resta loro in mano per coltivare delle industrie locali. Per farlo, devono assorbire più know how possibile da chi investe.

Nei rapporti con la Cina un “caso scuola” in tal senso è quello dell’Indonesia. Dopo aver ricevuto per anni investimenti e aiuti economici da Pechino per lo sfruttamento delle sue miniere di nichel, il paese del Sudest asiatico è riuscito a creare una propria dimensione industriale e oggi è diventato un paese leader nel mercato globale in questo settore.

Quello indonesiano è stato un percorso rivelatosi virtuoso sul piano della progressiva acquisizione di competenze. Non certo su quello della tutela dei diritti dei lavoratori.

Quest’ultimo è un altro fronte dimenticato nella corsa all’energia solare in atto nel continente africano.

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