Il comitato d’accoglienza per uno che non tornava in patria dal 2000 non è stato niente male. Dal suo rientro avvenuto l’8 agosto, il banchiere di fama internazionale Tidjane Thiam ha già incontrato i tre padrini della politica ivoriana: il presidente della repubblica Alassane Ouattara e i capi dei due principali partiti d’opposizione: Henri Konan Bédié e Laurent Gbagbo, rispettivamente alla guida del Pdci e del Ppa-Ci (erede dello storico Fpi).
Tanti onori si devono non solo alla brillante carriera del franco-ivoriano Thiam, che è stato anche direttore generale della banca elvetica Credit Suisse dal 2015 al 2019. Ma anche al ruolo che potrebbe ricoprire alle future presidenziali del 2025. E si parla del ruolo più alto: quello di presidente della repubblica.
L’interessato non ha mai chiarito le sue intenzioni politiche e si è sempre tenuto alla larga dal commentare o influenzare il corso degli eventi in patria. Allo stesso tempo, non ha mai escluso la possibilità di candidarsi. Lo scorso dicembre, alla domanda della radio francese Rfi sulle sue intenzioni, aveva risposto con un evasivo «chiedetemelo nel 2025».
Alla ricerca del ricambio generazionale
Per capire perché i media locali e internazionali gli accordino così tanta attenzione, bisogna pensare in primis alla fame di cambiamento politico nel paese. La Costa d’Avorio è sull’orlo di un ricambio di leadership che è stato rimandato così tante volte da assumere ormai le sembianze di una svolta epocale.
Thiam ha tutte le carte in regola per coltivare ambizioni presidenziali. Ha un pedigree da banchiere internazionale, che lascia ben sperare per il compito di attrarre investimenti dall’estero e di far quadrare l’economia. Dispone di ingenti risorse economiche personali, cruciali per finanziare eventuali campagne elettorali.
È giovane, perlomeno per i parametri politici ivoriani. Ha 61 anni, mentre Gbagbo ne ha 77, Ouattara 80, e Bédié 88. Non da ultimo: è una persona del sistema.
Thiam aveva lavorato dal 1994 al 1999 come direttore della Direzione e controllo dei grandi lavori (oggi divenuto Bnedt), il prestigioso dipartimento statale incaricato dei lavori strutturali, e che ha sempre rappresentato l’avanguardia dell’amministrazione locale.
La sua consacrazione avvenne però nel 1994, quando fu scelto come ministro per la pianificazione e lo sviluppo nel governo Bédié.
Il suo incarico fu interrotto dal colpo di stato del 24 dicembre 1999. Pochi mesi dopo, Thiam lasciava il paese, a cui non avrebbe fatto ritorno fino a qualche giorno fa. Neanche per partecipare ai funerali di familiari stretti, come suo fratello Daouda, nel 2018, o di sua sorella N’Deye, nel 2019.
Negli ultimi tre anni, Thiam è tornato ad essere attivo nel campo africano. Ha partecipato alla Task Force dell’Unione Africana contro il Covid-19. È salito alla testa di Rwanda Finance Limited, una compagnia che promuove e attira investimenti finanziari per Kigali. E aveva già avuto un incontro con Ouattara a Parigi nel 2020.
Il partito nelle vene
Nonostante goda di un favore trasversale alla classe politica, Thiam non è solo un tecnico. Ha un colore politico. Ed è quello del Pdci di Bédié. Un dato che ha ribadito anche uscito dall’incontro con quest’ultimo, dichiarando che «non sono mai uscito dal PDCI. Ne sono sempre stato membro». E ha ricordato anche come suo nonno figurasse tra i fondatori di quel partito, che fu il solo ammesso nel regime monopartitico ivoriano guidato da Felix Houphouët-Boigny dal 1961 al 1993.
Quello del nonno non è il suo solo legame di parentela con le alte sfere del potere. Nell’album di famiglia spiccano due zii di eccezione: lo stesso Houphouët-Boigny e l’ex primo ministro Charles Konan Banny, altro peso massimo del Pdci, deceduto il settembre scorso. Proprio per celebrare le sue esequie di stato a fine luglio, Thiam aveva annunciato il suo ritorno. Salvo poi cancellarlo per questioni di ordine pubblico.
L’affiliazione politica ha però i suoi inconvenienti.
In primis, il partito di Ouattara, il Rdhp non è intenzionato a cedere il passo a un esponente di un partito avversario. Lo ha dimostrato ampiamente nella corsa alle elezioni presidenziali del 2020, quando ha strozzato le aspirazioni di potere di un altro facoltoso membro del Pdci, Jean Billon, a suon di controlli fiscali alle sue imprese.
Ad altri potenziali candidati del partito, meno ricchi ma senz’altro influenti, aveva riservato inchieste giudiziarie con condanne lampo, come fu per l’ex sindaco di Plateau Noël Akossi-Bendjo nel 2018 e per l’allora vice capo del Pdci Jacques Mangoua nel 2019.
Largo ai giovani. Forse
Thiam potrebbe non essere il solo giovane a entrare in gioco. Altre due figure di peso sono ben più scalpitanti, anche se godono di una capacità d’azione più ridotta.
Il primo è Charles Blé Goudé. Il 50enne ex braccio destro di Gbagbo è in attesa di rientrare in patria dopo 10 anni di processo all’Aia, dove è stato assolto dalle accuse di crimini di guerra relative alle violenze post-elettorali del 2010-11.
Gbagbo, anch’egli dichiarato innocente nello stesso processo, è potuto rientrare in Costa d’Avorio già dal giugno 2021. Mentre Blé Goudé aspetta ancora delle autorizzazioni formali da parte dello stato per il ritorno.
Al suo rientro potrà contare sul credito da martire vendicato, oltre alla sua nota capacità di mobilitazione politica. Rimane da vedere se sarà il candidato alle presidenziali del 2025 per il Ppa-Ci.
L’altro ‘’giovane’’ in attesa che il giro di ruota lo rimetta in pista è Guillaume Soro. Nel 2020 passò nel giro di pochi mesi da candidato presidente della repubblica a esiliato in Francia. Status che ha tuttora.
L’ex capo militare della ribellione ivoriana dei primi anni 2000, ha pagato cara la mossa di staccarsi dal partito di Ouattara e provare a correre come indipendente.
Negli ultimi tempi, si è fatto però risentire sui media, commentando e bacchettando il governo su varie questioni d’attualità. Difficile dire al momento, dove voglia andare a parare. La pioggia di condanne sul suo conto – anche lì arrivate con processi lampo – gli impediscono di rientrare nel paese.
Al momento dunque, per Thiam, di concorrenza giovanile – sempre che sia intenzionato a concorrere lui stesso – se ne vede poca. Ma chiaramente, di qui al 2025 tutto può succedere. E la politica ivoriana è una grande amante dei colpi di scena.