Costa d’Avorio: poker di mandati per Ouattara? - Nigrizia
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Panorama del casting politico in un paese dal cronico problema di ricambio politico
Costa d’Avorio: poker di mandati per Ouattara?
Il presidente attuale si trova di nuovo corteggiato per accettare un quarto mandato da Presidente della repubblica. Nel 2020 accettò solo dopo la morte del suo delfino designato. Cosa aspettarsi adesso?
30 Maggio 2024
Articolo di Roberto Valussi
Tempo di lettura 6 minuti
Il Presidente della repubblica della Costa d'Avorio, Alassane Ouattara, in una recente cerimonia ad Abidjan (foto dall'account X / Presidenza della Costa d'Avorio)

Da settimane, il tam-tam ha ripreso in un sol senso. «Alassane Ouattara è il nostro candidato naturale alle elezioni presidenziali del 2025», dichiarano dalle file del suo partito, il Rhdp (Unione degli houphouettisti per la democrazia e la pace). La richiesta è stata esplicitata anche ad inizio settimana dal Ministro della gioventù e vice-portavoce del governo, Mamadou Touré ad inizio settimana.

Il che porta con sé un problema. Anzi, più di uno; ne contiamo almeno quattro. 

L’età è quella che uno si sente

Ouattara ha 82 anni. Alla fine del suo eventuale nuovo mandato ne avrebbe 88. Anche per gli standard della gerontocrazia africana sono tanti. Ma non necessariamente troppi. Vedi gli esempi di Paul Biya, ancora alla guida del Camerun con i suoi 91 anni. O per restare in terra ivoriana, si pensi a Félix Houphouët-Boigny, ‘’padre’’ dell’indipendenza ivoriana e importatore al governo di Ouattara; lui era morto in carica come capo di stato, a 88 anni. 

Una così veneranda età non sarebbe dunque una sorpresa, né per l’Africa né per la Costa d’Avorio. Tuttavia, non farebbe ben sperare, memori di quanto successo con la morte nel 1993 di ‘’le vieux’’ (come veniva soprannominato affettuosamente Houphouët-Boigny). In quel caso, il suo decesso – combinato con l’assenza di un delfino designato – aveva contribuito a far scivolare il paese in un ventennio di instabilità. 

Cercasi ricambio disperatamente

E qui arriviamo al secondo problema, che definire cronico in Costa d’Avorio è eufemistico: la difficoltà del ricambio della classe dirigente. Per dovere di cronaca, ricordiamo che tre grandi nomi si sono contesi il potere da metà anni ‘90 in poi nella ”terra d’Eburnie”: il già citato Ouattara, Laurent Gbagbo e Henri Konan Bédié. Quest’ultimo è morto l’anno scorso. Fosse ancora in vita, staremmo ancora a discutere della sua possibile candidatura, tanto era saldamente alla guida del suo partito, il Pdci (Partito democratico della Costa d’Avorio), nonostante i suoi 89 anni.

Laurent Gbagbo è il più giovane del trio, con 79 anni. Si discute già della sua candidatura. Il partito di cui è presidente e fondatore, il Ppa-Ci (Partito dei Popoli africani-Costa d’Avorio), lo ha già presentato ufficialmente in veste di aspirante Presidente. Il problema per lui, non è tanto l’anagrafe, quanto l’ineleggibilità formale. Ad oggi, non può iscriversi alle liste elettorali per votare – e men che mai candidarsi – a causa di una condanna giudiziaria a vent’anni, risalente al periodo della crisi post-elettorale del 2010-11. Perché la situazione cambi, c’è bisogno di un intervento del Parlamento, ovvero di un chiaro via-libera da parte del suo rivale Ouattara. 

Non c’è tre senza quattro

Altro problema centrale: l’idea stessa di fare il quarto mandatoFormalmente il presidente può farlo. Il prossimo sarebbe il suo secondo se si conta, come fanno a casa Rhdp, a partire dal referendum costituzionale del 2016. Quest’ultimo aveva modificato l’assetto istituzionale e di conseguenza, i due mandati precedenti (2010-2015 e 2015-2020) non andrebbero più considerati, permettendo di riprendere il conto da zero. 

Ma nella sostanza, già l’idea del terzo mandato nel 2020 era stata fortemente dibattuta in Costa d’Avorio. Al punto da spingere i partiti d’opposizione a boicottare le elezioni e ad invocare una sorta di disobbedienza civile. La querelle era finita, nei giorni del post-voto, con l’esercito davanti casa di Bédié e un po’ di arresti. Nei mesi prima però, il dissenso era arrivato a costare la vita ad una quindicina di persone, in una serie di scontri tra polizia e manifestanti.

Anche durante quella campagna elettorale, Ouattara i cacicchi di partito lo avevano spronato a ricandidarsi. Nonostante le pressioni, aveva deciso di tirarsi indietro e designare come delfino l’allora Primo Ministro Amadou Coulibaly. Che però morì per problemi cardiaci a quattro mesi dalle elezioni. A quel punto, Ouattara si è rimesso direttamente in corsa. 

Ora: fatta e imposta la forzatura sul terzo mandato nel 2020, difficilmente il dibattito formale e sostanziale si ripresenterà con lo stesso vigore per il quarto mandato del 2025. Anche perché Ouattara può sfruttare l’onda lunga di un supporto popolare più ampio che mai, buona grazia del successo all’ultima edizione della Coppa d’Africa, la Can. Non solo l’organizzazione nel suo complesso è riuscita in termini di operazione d’immagine per il paese. Ma soprattutto gli ‘’elefanti’’, la squadra di calcio ivoriana, ha vinto. E lo ha fatto per la seconda volta da quando c’è la presidenza Ouattara (la prima era stata nel 2015). Per una nazione molto amante del calcio come la Costa d’Avorio, una combo del genere si trasforma in un bel volano di popolarità. 

Al di là dell’aspetto sportivo in senso lato, Ouattara e il suo partito possono rivendicare di avere assicurato una certa stabilità e crescita economica-politica. Condizioni che appaiono ancora più preziose agli occhi di tanti ivoriani, se comparate con i capovolgimenti di fronte della regione e, in particolare, dei vicini saheliani (cioè Mali e Burkina Faso). 

Il semi-nuovo che avanza 

Ultimo problema;  anche se questo è solo per Ouattara e non necessariamente per l’intero paese: la concorrenza delle nuove leve politiche. Anche se la gerontocrazia continua a dominare, non significa che manchino le spinte al rinnovo. 

Per il Rhdp, lo sfidante principale è senza dubbio il successore di Bédié alla testa del Pdci: il banchiere franco-ivoriano Tidjane Thiam. A 61 anni e con credenziali internazionali da alta finanza, ha tutte le carte in regola per incarnare cambiamento e continuità allo stesso tempo. Dispone di: ampi mezzi economici; lignaggio familiare (è nipote di Houphouët-Boigny); fascino dell’outsider (non ha messo piede in Costa d’Avorio dal 2000 al 2022). 

Sul lato sinistra di ‘’rottura’’, spicca invece il nome dell’ex-braccio destro di Gbagbo: Charles Blé Goudé. Ha 52 anni ed è reduce dall’assoluzione all’Aja per crimini contro l’umanità. Dopo il rientro in patria, avvenuto nel 2022, si è staccato dal suo mentore Gbagbo (che di recente non manca di attaccarlo) e punta a candidarsi alla testa del partito da lui fondato, il Cojep (Congresso per la giustizia e l’uguaglianza dei popoli). Malgrado le differenze, condivide ancora con Gbagbo il problema dell’ineleggibilità per una condanna relativa alla stessa crisi post-elettorale di cui sopra.

Infine, la variabile più fumosa e sulfurea di tutte: Guillaume Soro. Anche lui 52enne, può vantare molti ruoli diversi: leader militare della rivolta anti-Gbagbo negli anni 2002-2010; poi presidente dell’Assemblea Nazionale dal 2012 al 2019; e negli ultimi anni, un latitante con condanna in contumacia a vent’anni di galera per “tentativo d’attentato alla sicurezza dello stato”. Ebbene, già da un anno, Soro manifesta la volontà di candidarsi alle presidenziali del 2025, con il suo partito Gps (Generazione e popolo solidale), sciolto da una sentenza della giustizia ivoriana nel 2021. E nell’aprile scorso, si è sentito al telefono con Ouattara, dopo anni di gelo comunicativo tra i due. 

In che modo Soro possa rientrare in gioco è ancora tutto da vedere. Ma il suo peso politico ed elettorale è di primissimo piano.

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