Stando a quanto riferisce Jeune Afrique, nei giorni scorsi il primo ministro del Camerun, Joseph Dion Ngute, ha finalmente esposto la propria versione dei fatti sul “Covidgate”, lo scandalo sulla mala gestione di fondi pubblici da parte del governo di Yaoundé nella lotta all’emergenza pandemica.
Leggendo il rapporto, stilato sulla vicenda a fine maggio dalla Camera dei conti del Camerun (Cdc), organo di controllo della Corte Suprema, parlare di mala gestione appare però quantomeno un eufemismo. Dal dossier emergono infatti una serie di elementi che, se confermati dalle indagini in corso, dimostrerebbero una serie di irregolarità commesse dai ministeri della salute e della ricerca scientifica e dell’innovazione nell’assegnazione degli appalti pubblici per la fornitura di test Covid e attrezzature mediche di vario tipo.
Gli investigatori del Tribunale penale speciale (Tcs) che il 12 giugno hanno fatto visita al premier Dion Ngute gli hanno chiesto proprio questo, ovvero di ricostruire l’iter seguito dal suo governo per l’aggiudicazione dei fondi stanziati per il contrasto della pandemia: in totale 180 miliardi di franchi Cfa, pari a circa 274,4 milioni di euro. È verosimile che il primo ministro abbia mantenuto la sua posizione, respingendo al mittente accuse e sospetti sul suo operato.
Ma attorno a lui le acque si stanno facendo sempre più agitate e presto potrebbero finire con il risucchiare tanto il ministro della salute, Manaouda Malachie, quanto quella della ricerca scientifica e dell’innovazione, Madeleine Tchuente, per i quali l’opinione pubblica chiede da giorni le dimissioni immediate e l’arresto.
Sono state le dichiarazioni di Manaouda Malachie, in particolare, a complicare la posizione del premier Dion Ngute. Ascoltato dagli investigatori il 19 maggio, il ministro della salute ha infatti dichiarato di aver ricevuto direttamente dal capo del governo l’ordine di utilizzare la scorciatoia della procedura d’urgenza – dunque senza bando di gara – per assegnare alla società Mediline Medical Camerun (Mmc) quasi l’intero ammontare dei fondi pubblici stanziati contro l’emergenza, ovvero 24,5 miliardi di franchi Cfa (37 milioni di euro, l’89% del totale).
Mohamadou Dabo, imprenditore tuttofare
A spartirsi il restante 10% sono stati due fornitori locali che, a detta dei magistrati che stanno conducendo le indagini sul caso, si sarebbero presentati al governo con delle offerte nettamente più vantaggiose dal punto di vista economico.
Perché il Camerun ha deciso allora di affidarsi ciecamente proprio alla Mmc? Di certo non per l’esperienza della società nel contrasto a emergenze sanitarie. L’azienda è stata infatti costituita formalmente nel 2017 e il 2 giugno 2020, dunque in piena pandemia, risultava a bilancio zero. Il che significa che è stata resuscitata ad hoc per accaparrarsi i fondi stanziati dal governo per tamponare i contagi.
Se Mmc è stata ritenuta così “affidabile” è piuttosto per le garanzie offerte dal suo proprietario, l’imprenditore Mohamadou Dabo, che la controlla attraverso Moda Corporation, azienda attiva da metà anni Ottanta e che conta ramificazioni in svariati campi: dagli idrocarburi ai trasporti, dalla finanza alle telecomunicazioni e alle nuove tecnologie.
Dabo è inoltre collegato a Moda Holding Hong Kong, controllata sempre dalla sua Moda Corporation e incaricata di trasportare fino in Camerun i test Covid che Mmc aveva acquistato dal suo fornitore sudcoreano, la SD Biosensor.
Senza l’intermediazione della Moda Holding Hong Kong, il Camerun avrebbe potuto accordarsi, o direttamente con la società sudcoreana, ottenendo i test a 7.084 franchi Cfa l’uno, oppure prendendoli a un prezzo ancora inferiore (2.932 franchi Cfa) tramite un accordo con il Fondo globale per la lotta all’Aids, la tubercolosi e la malaria.
E invece li ha presi da Mmc per 17.500 franchi Cfa, dunque un’enormità in più. Insomma, un vero affare che è costato al Paese almeno 14 miliardi di franchi Cfa a cui vanno aggiunti altri 610mila test che Mmc ha fatturato al governo ma che non ha mai consegnato.
Ecco spiegato perché la condotta di Mmc è stata considerata a dir poco sospetta dalla Camera dei conti del Camerun. Sospetti rafforzati, nel corso delle indagini, da almeno un altro elemento. L’entourage del primo ministro assicura che il premier Dion Ngute non conosce Dabo.
Eppure la decisione di assegnare gli appalti pubblici tramite una procedura d’urgenza, di cui ha poi beneficiato quasi in toto la società di Mohamadou Dabo, è stata presa nel giugno 2020, dopo un colloquio tra il presidente del Camerun Paul Biya – in carica ininterrottamente dal 1982 – e l’ambasciatore della Corea del Sud nel Paese africano, Bok-Ryeol Rhyou. Indovinate chi è il console onorario del Camerun nel Paese asiatico? Risposta semplice: Mohamadou Dabo.