Crisi climatica, Eni chiamata in causa - Nigrizia
Ambiente Economia
Iniziativa di Green Peace Italia, ReCommon e 12 cittadini italiani
Crisi climatica, Eni chiamata in causa
Aperta una causa civile «per i danni subìti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui Eni ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni». Si chiede anche che la multinazionale, operativa in vari paesi africani, riveda la strategia industriale perché non in linea con l’Accordo di Parigi sul clima del 2015
09 Maggio 2023
Articolo di Redazione
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Due organizzazioni – e Green Peace Italia e ReCommon – e 12 cittadini italiani hanno notificato a Eni Spa un atto di citazione per l’apertura di una causa civile nei confronti della multinazionale del settore idrocarburi e di due azionisti dominanti, il ministero dell’economia e la Cassa depositi e prestiti Spa.

Il motivo? «L’operato della società peggiora la crisi climatica e viola i diritti umani», hanno spiegato stamani nel corso di una conferenza stampa. Specificando «per i danni subìti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui Eni ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone consapevole».

Gli attori che hanno intentato la causa chiedono al Tribunale di Roma l’accertamento del danno e della violazione dei loro diritti umani alla vita, alla salute e a una vita familiare indisturbata.

Chiedono inoltre che Eni sia obbligata a rivedere la propria strategia industriale per ridurre le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, come indicato dalla comunità scientifica internazionale per mantenere l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi secondo il dettato dell’Accordo di Parigi sul clima (2015).

Business fossile

Green Peace e ReCommon «valutano che l’attuale strategia di decarbonizzazione di Eni sia palesemente in violazione degli impegni presi in sede internazionale dal governo italiano e dalla stessa società. Ritengono inoltre inaccettabile che, a fronte di extra profitti record realizzati nel 2022, Eni continui a investire nell’espansione del suo business fossile, a danno del clima e delle comunità locali che in tutto il mondo subiscono gli impatti del riscaldamento globale. La conferma di Claudio Descalzi al vertice della società da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, avallata dall’intero governo, rende inoltre quest’ultimo complice di scelte che aggravano la crisi climatica».
Ricordiamo che, per quanto riguarda l’Africa, l’Eni è operativa in otto paesi: Algeria, Angola, Congo, Egitto, Ghana, Libia, Mozambico e Nigeria.

La giusta causa

#LaGiustaCausa – questo il nome della campagna che promuove l’iniziativa legale contro Eni, la prima del suo genere contro una società di diritto privato in Italia – si inserisce nel novero delle cosiddette climate litigation, azioni di contenzioso climatico il cui numero complessivo, a livello globale, è più che raddoppiato dal 2015 a oggi, portando il totale di cause a oltre duemila.

Tra queste, spicca l’azione legale promossa da Friends of the Earth Netherlands (Milieudefensie), insieme a Greenpeace Netherlands, altre organizzazioni e 17.379 singoli co-ricorrenti, che nel maggio 2021 ha indotto un tribunale dei Paesi Bassi a stabilire che Shell è responsabile di aver danneggiato il clima del Pianeta, imponendo alla compagnia britannica di ridurre le proprie emissioni di carbonio. La sentenza è stata appellata da Shell.

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