Le frontiere spesso non sono tanto le barriere fisiche, quanto quelle culturali. A differenza delle prime, facilmente percepibili agli occhi, le seconde sono linee invisibili. Righe non solo simboliche, che spesso vengono riempite di paure da chi fomenta l’odio, il linguaggio per proprio tornaconto politico.
Un tornaconto questo che non ha confini, viste le politiche europee portate avanti dai diversi stati membri. Politiche di esternalizzazione di confinamento, di razzismo sistemico, che riempiono le pagine di storie e riflessioni del Sesto libro bianco di Lunaria, Cronache di ordinario razzismo, che come sempre parte dal nostro paese per monitorare un fenomeno non solo italiano.
Sono 1.125 i casi documentati nel triennio 2021/2023. Casi che mettono insieme violenze verbali e fisiche, discriminazioni e soprattutto storie, venti, che vanno da Willy Monteiro a Mimmo Lucano; dal celebre cantante Ghali a realtà come quella casertana della Tam Tam basket; dal naufragio di Cutro a quel che accade nei CPR: dal centro Mineo al processo di criminalizzazione della solidarietà della Iuventa.
Storie, casi, dati che mostrano come il razzismo sia diventato sistemico, legalizzato, prassi di azioni, di discorsi pubblici, di narrazioni mediatiche.
Un razzismo che deve essere arginato ma che finisce per autoalimentarsi da sé, salvo poi scandalizzare le stesse rappresentanze istituzionali che ne sono veicolo, quando escono dati come quello del rapporto dell’ECRI (Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa).
Una indignazione istituzionale che taccia il razzismo come eresia, salvo poi farsi propagatrice, nei discorsi ufficiali, nella diffusione di parole come razza, sostituzione etnica, carichi residuali quando si parla di immigrazione. Parole che poi si tramutano in contenuti, in decreti legge che veicolano quel razzismo sistemico.
E se non sono leggi sono confronti che diventano divisivi, come quello che riguarda la vecchia legge sul diritto di cittadinanza. Una legge di cui, nel Libro bianco, si ripercorre l’excursus e si sottolinea come si proceda a passo di gambero, dall’iniziale ius soli allo ius culturae per arrivare allo ius scholae e continuare a parlare, tenendo di fatto al palo la vita di minori che di uno ius che manca diventano prigionieri.
Prigionieri, come le persone di origine straniera che rimangono escluse da una giurisprudenza che riguarda il welfare, che mostra come vi sia una volontà di disumanizzazione, di non riconoscimento, tanto da far parlare i curatori di “welfare del risentimento”.
Politiche in cui il diritto a uscire dalla condizione di povertà fatica a farsi spazio come diritto sociale proprio fra quelle persone che più hanno difficoltà ad accedere al welfare.
In tutto questo quadro, il tentativo di costruire un movimento antirazzista unitario in Italia fa fatica, procede lento, nonostante l’incrementarsi delle sfide che continuano ad avanzare e della incapacità di dettare un moto inverso, necessario.
Da qui l’appello a un impegno collettivo capace di diventare forza “propulsiva e proattiva” per trasformare la realtà del nostro tempo.