«Confidiamo che la coraggiosa scelta di ritirarci rappresenti una decisiva apertura per le trattative di pace». Lo ha dichiarato due giorni or sono Debretsion Gebremichael, leader del Tplf (Fronte popolare di liberazione del Tigray), in una lettera alle Nazioni Unite, con riferimento al conflitto in atto da oltre un anno contro l’esercito federale di Addis Abeba. E Getachew Reda, portavoce ufficiale del Tplf, ha aggiunto: «Abbiamo completato il ritiro delle nostre forze dalle regioni Amhara e Afar».
Dal canto suo, il portavoce del Dipartimento di stato americano Ned Price ha replicato: «Accogliamo con soddisfazione questa decisione da noi sempre incoraggiata e ci auguriamo che apra la strada a un positivo percorso diplomatico».
Le condizioni poste tuttavia da Debretsion ad Addis Abeba per giungere a una tregua hanno visto l’immediata reazione negativa del governo federale nei confronti del Tplf, definito in passato «organizzazione terroristica». «Mi chiedo come possa permettersi un’entità illegittima inviare a un organismo delle Nazioni Unite una simile lettera» ha sostenuto a nome del governo Billene Seyoum.
Difficile dire se la mossa di Debretsion sia stata – come affermato dal Tplf – una ritirata strategica o non indichi invece l’inizio di una chiara sconfitta.
Intelligente e riservato
Comunque sia, andiamo a vedere chi è Debretsion Gebremichael, presidente dello stato-regione del Tigray e giunto alla guida del Tplf dopo che molti dei fondatori del Fronte popolare sono agli arresti o scomparsi: come Meles Zenawi, il carismatico leader e primo ministro morto nel 2012 e l’ex ambasciatore e ministro degli esteri Seyum Mesfin, ucciso dall’esercito federale.
Debretsion Gebremichael Measho è un personaggio di grande astuzia e intelligenza ma alquanto misterioso, perché di natura riservata e poco propenso ad esporsi in pubblico.
«Non pensavo che ne sarei uscito vivo» dichiarava alcuni mesi or sono al New York Times, riferendosi agli otto mesi spesi nascondendosi sulle montagne del Tigray prima che le sue truppe riconquistassero la capitale regionale Macallè alla fine di giugno 2021.
Il leader tigrino – per la seconda volta nella sua vita – si era dovuto ritirare sui monti per organizzare la guerriglia dopo l’insurrezione, lanciata il 4 novembre 2020, che aveva eliminato la guarnigione dell’esercito federale di stanza a Macallè, appropriandosi di molte armi.
Il nemico da combattere è il giovane primo ministro Abiy Ahmed, nominato nell’aprile 2018 come successore del dimissionario Hailemariam Desalegn. Convinto di avere un diritto inalienabile a diventare il nuovo primo ministro, Debretsion non ha mai perdonato ad Abiy di essere arrivato al vertice.
Un tempo i due erano stati, oltre che amici, alleati sia in campo politico che in campo tecnologico, essendo stati entrambi a capo delle agenzie incaricate della sicurezza informatica e cibernetica dell’Etiopia. Inoltre, nel governo del 2016 avevano assunto ruoli di primo piano: Debretsion come vice primo ministro e Abiy come responsabile del ministero della scienza e della tecnologia.
Le loro posizioni di potere, tuttavia, si capovolsero due anni dopo, nel processo di transizione che intrapresero insieme. Abiy Ahmed, giovane politico pentecostale con genitori di etnia mista oromo-amhara e di padre musulmano e madre ortodossa, emerse come l’uomo ideale alla guida del processo riformatore, e viene scelto appunto come primo ministro.
Inizialmente i due leader della coalizione storica al potere, il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiopico (Eprdf), si congratularono vicendevolmente e Debretsion diede il benvenuto al nuovo capo di governo in visita a Makallè, mentre Abiy, dal canto suo, esprimeva il suo legame di affetto per la regione definendola «luogo di nascita dell’Etiopia».
La rottura
Dopo il primo anno di governo, tuttavia, e soprattutto dopo essere stato insignito del Nobel per la Pace – conseguito secondo molti prematuramente – Abiy Ahmed ha avviato una politica di progressiva marginalizzazione dei politici tigrini al governo, nell’intento di spezzare il monopolio sulla coalizione del Eprdf, in campo politico, economico e militare, e il dominio da essi esercitato per trent’anni.
Resosi conto di quanto stava accadendo, Debretsion, capo del Tplf e degli interessi che deteneva, prese le distanze dal primo ministro, sostenendo che non era adeguato al ruolo e che gli mancava l’esperienza necessaria per governare un paese complesso come l’Etiopia. Dopodiché si ritirò con il suo gruppo nella capitale tigrina Makallè, rafforzò l’esercito regionale, elaborò la strategia per il futuro dello stato-regione.
Prendendo poi a pretesto la decisione di Abiy Ahmed di rimandare di un anno le elezioni politiche a causa del Covid-19, organizzò illegalmente la competizione elettorale nel Tigray, che il Tplf vinse in modo plebiscitario. Definite nulle da Addis Abeba, le elezioni innescarono, nel novembre 2020, l’attacco al contingente dell’esercito federale di stanza a Macallè.
La risposta immediata di Abiy Ahmed permise all’esercito federale di riprendere in solo tre settimane il controllo della regione arrestando numerosi ufficiali e ponendo una taglia sulla testa di Debretsion e degli altri leader del Tplf, che nel frattempo avevano preso la via delle montagne con le forze militari e l’equipaggiamento che avevano sottratto ai federali.
Da lì Debretsion rispose alle forze di Addis Abeba con la stessa tattica di guerriglia di quando combatté a fianco di Meles Zenawi, leader storico del Tplf, contro l’autocrate Menghistu Haile Mariam.
Dopo otto mesi – nonostante l’appoggio ad Abiy offerto da contingenti militari eritrei che entrarono in Tigray dal nord –, i tigrini non solo riconquistarono Macallè e il Tigray, ma decisero di proseguire nell’offensiva invadendo le regioni Amhara e Afar. I contendenti hanno provocato profughi, stupri, violenze, massacri, fame…
Il ritorno del guerrigliero
L’attuale presidente del Tigray e leader del Tplf ha una lunga storia di guerrigliero, di militare e di politico. Negli anni ’70 aveva scelto di abbandonare gli studi di ingegneria ad Addis Abeba per unirsi al Tplf, inizialmente una esigua formazione paramilitare di ideologia marxista-leninista, fondata nel febbraio 1975 nel nord del Tigray.
Alleatasi al Eplf, il Fronte di liberazione del popolo eritreo (Eritrean People Liberation Front) che da vari anni combatteva contro l’imperatore Haile Selassiè, il Tplf, i cui aderenti erano chiamati ‘woyane’ (rivoluzionari), divenne ben presto un movimento di liberazione ben organizzato in chiave antigovernativa.
Dopo la deposizione di Haile Selassiè proseguì la guerra di liberazione contro il nuovo regime comunista tirannico del Derg, il Comitato militare formatosi nel giugno 1974 che aveva deposto l’imperatore e che avviò – sotto la guida di Menghistu Haile Mariam – una rivoluzione antifeudale trasformando l’Etiopia in Repubblica popolare democratica rivoluzionaria, non senza una previa sanguinosa lotta intestina dalla quale, appunto, emerse vittorioso Menghistu.
Debretsion, che era stato inviato in precedenza in Italia per specializzarsi nelle tecniche di comunicazione, formò una squadra capace di creare e gestire una stazione radio operante sulle montagne, la Dimtsi Woyane Tigray (Voce della rivoluzione tigrina).
I combattenti comunicavano per mezzo di dispositivi caricati su asini e cammelli, nascondendosi in grotte per proteggere l’equipaggiamento. «La comunicazione era per noi un fattore decisivo nella lotta», dichiarò all’epoca Debretsion. Vinto Menghistu, iniziò la sua carriera politica.