Il divieto di importazione dei diamanti russi annunciato in settimana dal G7 nell’ambito delle sanzioni per la guerra in Ucraina potrebbe avere conseguenze negative sui paesi africani produttori. A denunciarlo è Tom Alweendo, ministro delle miniere e delle energie della Namibia, fra i maggiori produttori al mondo delle pietre preziose. I diamanti sono inoltre la principale esportazione di Whindoek e rappresentano da soli circa un quinto del totale delle merci vendute all’estero dal paese.
La Russia è il principale produttore dei preziosi cristalli. Secondo il G7, Mosca ottiene ogni anno circa quattro miliardi di dollari dalla loro vendita. Sette dei dieci maggiori produttori provengono dall’Africa e nello specifico dall’Africa australe. Il maggiore è il Botswana, secondo più grande esportatore in assoluto.
Le dichiarazioni del ministro namibiano seguono la conferma, da parte dei “sette grandi”, dei divieti alle importazioni di diamanti russi annunciati a inizio mese. Come hanno reso noto in settimana le principali istituzioni dell’Unione Europea, che fanno parte del G7, «a più tardi a partire» dal primo gennaio 2024 gli stati membri «attueranno un divieto diretto sui diamanti esportati dalla Russia». Dal primo marzo questa restrizione verrà estesa ai «diamanti russi lavorati in un paese terzo» mentre da settembre i divieti verranno ampliati «per includere diamanti sintetici e gioielli e orologi contenenti diamanti». Contestualmente a questi provvedimenti, si legge ancora, «all’interno del G7 sarà istituito un solido meccanismo di verifica e certificazione basato sulla tracciabilità per i diamanti grezzi».
Quest’ultimo è il nodo più controverso secondo il governo di Windhoek e secondo anche altre realtà che rappresentano i paesi produttori. Nonostante né i documenti Ue né quelli pubblicati da altri stati membri del G7 forniscano ulteriori specifiche riguardo la proposta di questo nuovo meccanismo, il ministro Alweendo ha fatto esplicito riferimento a una misura che prevederebbe che «tutti i diamanti grezzi, tagliati o lavorati che entrano nel G7 e nell’Ue siano soggetti a verifica attraverso un singolo punto di ingresso situato ad Anversa», città belga fra le capitali mondiali del commercio dei diamanti.
Il dirigente di Windhoek, riporta il quotidiano The Namibian, si è detto «molto preoccupato» delle conseguenze di queste misure e ha sostenuto che le nuove procedure proposte rischiano di «minare il diritto sovrano della Namibia di gestire il commercio dei diamanti e di causare blocchi e ritardi che porteranno a costi aggiuntivi».
La questione del Processo di Kimberley
E, inoltre, di inficiare la validità del Processo di Kimberley, un meccanismo di tracciamento e certificazione dei diamanti grezzi che mira a impedire che i proventi del commercio dei cristalli siano usati per finanziare gruppi armati non statali e per fomentare l’insorgere di guerre civili. Questo sistema è entrato in vigore con una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2003, sulla scia dei conflitti civili in Liberia e Sierra Leone, e vede la partecipazione di 59 paesi, di rappresentanti dell’industria e delle società civile.
Nella visione di Alweendo, «la certificazione rilasciata ad Anversa potrebbe effettivamente annullare la capacità namibiana di autenticare i suoi diamanti come di origine non russa», come invece garantirebbero le regole di Kimberly.
Il possibile conflitto fra il Processo e il sistema voluto dal G7 è stato rilevato anche dai paesi dell’African Diamond Producers Association (ADPA), ente con ruolo di osservatore nel sistema Kimberley. Al termine di una riunione plenaria del meccanismo che si è tenuta il mese scorso, gli stati membri non hanno raggiunto il consenso su un comunicato finale condiviso e si sono divisi sulla questione del conflitto fra Russia e Ucraina, come già avvenuto in passato.
L’ADPA ha lamentato la volontà di «una minoranza» di includere questioni geopolitiche nell’agenda del Processo e ha denunciato che alcuni paesi hanno spinto per «promuovere le iniziative del G7, poiché il sistema di certificazione già esistente non sembra corrispondere alla loro agenda geopolitica più ampia».
Le restrizioni volute dal G7 hanno sollevato le perplessità anche della Federazione mondiale delle borse dei diamanti, nota con l’acronimo inglese WFDB, che pure ha citato e criticato la creazione di unico punto di ingresso e certificazione ad Anversa.
Il presidente dell’organizzazione , Yoram Dvash, ha affermato che le procedure volute dal G7 possono «essere dannose per l’industria mondiale dei diamanti in tutto il processo, dai paesi produttori fino al consumatore». Il presidente ha quindi esortato i “sette grandi” a creare un «meccanismo più equo ed equilibrato» che «consenta ad altri grandi centri diamantiferi che trattano la materia grezza (ad esempio Mumbai, Israele e Dubai), nonché ai paesi produttori in Africa e altrove, di condurre essi stessi l’ispezione e la registrazione».