Leonardo scala posizioni nella classifica mondiale delle vendite di armi redatta dall’istituto indipendente svedese Sipri. Secondo i dati raccolti dall’istituto da fonti aperte, il gruppo italiano ha realizzato vendite per circa 13,9 miliardi nel 2021 con un incremento del 18% sull’anno precedente. Si è così portato al 12° posto della classifica mondiale delle top 100 (14ª posizione nel 2020) guidata dalla statunitense Lockeed Martin. Le vendite di armi di Leonardo, secondo i calcoli dell’istituto, rappresentano l’83% dei ricavi totali.
È la prima azienda europea in classifica per ricavi da vendita di armi, precedendo la francese Thales.
Dati che, per il colosso militare italiano, saranno ancora migliori nel 2022. I suoi primi nove mesi, infatti, vanno in archivio con un utile netto di 387 milioni, in salita del 69% rispetto allo stesso periodo del 2021. I ricavi ammontano a 9,9 miliardi, in crescita del 3,7%, grazie soprattutto agli ordini della divisione elicotteri: +93% rispetto ai primi 9 mesi del 2021, sulla scia della commessa incassata dal ministero della difesa polacco per 32 elicotteri multiruolo AW149.
Crescita mondiale
Dati che vanno, per il 2021, nettamente meglio rispetto alla media mondiale. Le vendite di armi nel mondo lo scorso anno, nonostante le difficoltà nella catena di approvvigionamento, sono cresciute dell’1,9% a 592 miliardi di dollari. Incremento inferiore a quello che si registrava prima della pandemia.
Nella classifica dei primi 100 costruttori mondiali compare anche Fincantieri al 46° posto (48° nel 2020), con un incremento delle vendite del 5,9% a 2,98 miliardi di dollari (36% dei ricavi complessivi).
Sipri osserva che l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio scorso ha aggiunto nuove sfide a quella della catena di approvvigionamento per le aziende del settore, anche perché la Russia è un importante fornitore di materie prime utilizzate nella produzione di armi. Ciò potrebbe ostacolare gli sforzi in corso negli Stati Uniti e in Europa per rafforzare le loro forze armate e per ricostituire le loro scorte dopo aver inviato miliardi di dollari di munizioni e altre attrezzature in Ucraina.
Aziende Usa dominatrici
Le imprese statunitensi dominano la classifica con 40 produttori tra i primi cento (cinque tra le prime dieci) e con una quota del 51%, segue l’Europa con 21 aziende. Le vendite complessive di armi da parte degli europei vengono calcolate da Sipri in 123 miliardi di dollari (+4,2%).
A differenza di Leonardo, «molti produttori europei specializzati nel militare aerospaziale hanno registrato un calo nel 2021», osserva il ricercatore Sipri Lorenzo Scarazzato. «Mentre i costruttori di navi sono risultati meno condizionati dalle ricadute della pandemia ed hanno incrementato le vendite nel 2021».
Le vendite mondiali da sei anni consecutivi hanno tenuto una traiettoria di crescita (fin dal 2015), quando l’istituto svedese ha inserito per la prima volta delle imprese cinesi nella rilevazione.
Nella classifica ci sono anche i gruppi definiti paneuropei da Sipri, come Airbus e Mbda (partecipata da Leonardo). Quest’ultima viene indicata al 27° posto nella classifica, con vendite di armi per 4,96 miliardi di dollari (99% del totale dei ricavi) in crescita del 15% sull’anno precedente. Airbus, invece, è in calo al 15° posto con vendite per 10,85 miliardi (-15%).
Sipri nella sua rilevazione considera le vendite di armi e di servizi militari. Questi ultimi includono i servizi tecnici, come l’information technology; manutenzione, riparazione e supporto operativo; servizi relativi al funzionamento delle forze armate, come l’intelligence, l’addestramento e la gestione della logistica e la sicurezza armata nelle zone di conflitto.
Guerra e boom di armi
Con lo scoppio della guerra in Ucraìna è evidente che la domanda di armi sta registrando una forte crescita quest’anno, sia negli Stati Uniti sia in Europa. Il balzo della domanda nei paesi occidentali, si legge nel rapporto, è sostenuto soprattutto dalla necessità, in particolare da parte degli Usa, di ricostituire le scorte dopo i massicci invii a favore dell’Ucraìna. A fine ottobre scorso, ad esempio, si legge nel documento di Sipri, il governo americano aveva assegnato diversi contratti a imprese costruttrici di armi.
Tra questi un ordine da 624 milioni di dollari con Raytheon Technologies per i missili Stinger; un ordine da 663 milioni di dollari con la joint venture tra Lockheed Martin e Raytheon Technologies per i missili anticarro Javelin e un ordine da 95 milioni di dollari con Lockheed Martin per il lanciarazzi multiplo Himars.
L’Ue che finanzia Leonardo
Ma anche l’Europa non si tira indietro nel sostenere le sue aziende belliche. Una corsa iniziata ben prima della guerra in Ucraìna. Dal 2017 Bruxelles ha finanziato il settore bellico con circa mezzo miliardo di euro stanziato per la ricerca militare, mentre nel 2021 sono arrivati gli altri 8 miliardi di euro del Fondo europeo per la difesa. Investimenti che hanno «passato la linea rossa che l’Ue non dovrebbe finanziare le attività militari con il bilancio comunitario», si legge nel rapporto sulla spesa bellica dell’Ue pubblicato da Enaat, la Rete europea contro il commercio di armi.
Nell’analisi degli attivisti, il gruppo italiano Leonardo risulta la prima azienda beneficiaria dei due fondi per la ricerca e lo sviluppo militare. L’ex Finmeccanica conta progetti e canali di finanziamento per il 9,56% dei programmi Preparatory Action for Defence Research (Padr) e European Defence Industrial Development Program (Edidp).
Secondo la piattaforma pubblica Opensecuritydata.eu, che elenca i beneficiari dei finanziamenti dell’Ue per la sicurezza, a Leonardo spettano 41,6 milioni di euro nel periodo 2019-2025 per un totale di 45 progetti. Sul podio delle aziende che ricevono la quota maggiore di fondi Ue ci sono anche la francese Thales (con il 6,6% dei fondi assegnati) e la spagnola Indra (6,43%).