Questo il titolo del messaggio che papa Francesco ha scritto per la Giornata del migrante e del rifugiato, il 29 settembre, che in ambito ecclesiale è giunta alla sua 110ª edizione, avendo avuto inizio nel 1914.
Secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), attualmente sono circa 281 milioni i migranti internazionali, a cui è necessario aggiungere 117 milioni di persone in movimento a causa di conflitti, violenze e disastri naturali.
A livello continentale le statistiche mostrano una comprensibile diversità: dal 2000 al 2020 l’Asia ha registrato una crescita esponenziale del numero di migranti internazionali con circa 37 milioni di persone, seguita dall’Europa con un aumento di 30 milioni, 18 milioni in Nord America e 10 milioni in Africa.
Si tratta di numeri che, rapportati alla popolazione mondiale globale, rappresentano ancora una percentuale molto ridotta, eppure capace di condizionare le agende di molti paesi, soprattutto i più ricchi – Stati Uniti, Canada e Europa occidentale -, le cui politiche, come noto, appaiono sempre più orientate alla chiusura e all’esternalizzazione delle frontiere.
Tuttavia il numero di migranti appare in continua crescita. Il papa descrive la naturale analogia esistente tra i flussi migratori e il lungo viaggio dalla schiavitù egiziana alla “terra promessa”, raccontato nel libro dell’Esodo.
Leggiamo infatti: “Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè, i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo. Come gli ebrei nel deserto, i migranti trovano ostacoli d’ogni sorta nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione”.
Papa Bergoglio aggiunge che per ogni credente: “Dio non solo cammina con il suo popolo, ma anche nel suo popolo, nel senso che si identifica con gli uomini e le donne in cammino attraverso la storia, in particolare con gli ultimi, i poveri, gli emarginati. L’incontro con il migrante, come con ogni fratello e sorella che è nel bisogno – dice il messaggio – è dunque al tempo stesso anche incontro con Cristo”.
L’invito di Francesco è di sentirsi in cammino insieme a loro, di “fare sinodo” assieme. Perché incontrare il migrante si trasforma, secondo il pontefice, in un modo per incontrare Cristo stesso, che bussa alla porta nelle vesti dell’affamato, del forestiero, del malato, del carcerato e appunto, del migrante.
Il World Migration Report presentato come ogni anno dall’OIM lo scorso maggio mostra una situazione molto critica, relativa ai flussi di uomini, donne, minori e bambini che a milioni fuggono da situazioni di guerra, oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di condizioni climatiche estreme e di mancanza di prospettive di sviluppo.
Nel contempo il rapporto mostra anche la presenza di segnali positivi, come il contributo alle economie dei paesi ospitanti da un lato e l’incremento delle rimesse, cioè del denaro inviato dai migranti nei propri paesi dall’altro, una volta stabilitisi in un paese che offra loro un lavoro e la possibilità di vivere in pace.