Disco Boy, la guerra in un’Africa convenzionale - Nigrizia
Cinema Nigeria
L’opera cinematografica non mantiene le promesse
Disco Boy, la guerra in un’Africa convenzionale
Pur premiato alla Berlinale con l’Orso d’argento per il contributo artistico della direttrice della fotografia Hélène Louvart e accolto in Italia con buone recensioni, non convince del tutto il lavoro di Giacomo Abbruzzese
07 Aprile 2023
Articolo di Simona Cella
Tempo di lettura 4 minuti
Disco Boy di Giacomo Abbruzzese

Come si legge nella sinossi la storia intreccia tre destini, al di là dei confini, della vita e della morte. Aleksei, bielorusso in fuga dal suo passato, si arruola nella Legione Straniera per ottenere il passaporto francese.

Nel Delta del Niger (Nigeria) incontra Jomo, giovane guerriero del Mend (Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger) e sua sorella Udoka. Mentre Jomo si batte contro le compagnie petrolifere che hanno devastato il suo villaggio, Udoka sogna di fuggire, consapevole che ormai tutto è perduto.

Il film nasce dal desiderio del regista Giacomo Abbruzzese di girare un film di guerra atipico nel quale l’Altro esiste veramente, in modo completo, e non è semplicemente un nemico o una vittima. Un film di guerra che diventa un viaggio interiore per i suoi protagonisti. La scena del duello tra Aleksei e Jomo è stata infatti girata con una telecamera termica per creare un’atmosfera psichedelica e sciamanica.

Mentre l’ispirazione per il personaggio di Aleksei scaturisce dall’incontro in una discoteca tra Abruzzese e un soldato diventato ballerino. E infatti anche in Disco Boy Aleksei è un soldato che si trasforma in ballerino, compiendo quello che era il sogno del suo nemico.

Ma da dove arriva la scelta di ambientare parte della storia in Nigeria? Durante l’anteprima milanese del film, Abruzzese, accompagnato da Morr Ndiaye, l’attore non professionista interprete di Jomo, spiega di aver scelto un’ambientazione precisa per evitare di mostrare, come spesso accade nei film occidentali, un’Africa indefinita, al di fuori del tempo e dello spazio. E spiega la motivazione del suo interesse per il movimento del Mend. Nato e cresciuto a Taranto, il regista dice di aver ritrovato nella devastazione dell’ambiente causata dalle compagnie petrolifere nel Delta del Niger, una distruzione simile a quella subita dalla sua città natale.

In una intervista dichiara di aver fatto lunghe ricerche sul Mend che definisce come uno dei primi movimenti ecoterroristi al mondo che, a causa dell’uccisione del suo leader, ha abbandonato l’iniziale pacifismo per scegliere la via della violenza, dei rapimenti e per sprofondare poi in una deriva di stampo mafioso.

Si naviga in superficie

Purtroppo la parte ambientata in Nigeria è proprio la più debole e, oltre a risentire di un’eccessiva estetizzazione, rimane sulla superficie cadendo nella trappola di una rappresentazione esotica e stereotipata.

A partire dai guerriglieri del Mend, che sembrano usciti da una sfilata di moda, fino alla danza tra i due fratelli che prende la forma di una performance contemporanea evidentemente ispirata a un rituale tradizionale sui generis.

Ci sono poi delle scelte incomprensibili come quella di far parlare Jomo e i suoi compagni in lingua igbo in una regione dove si parla prevalentemente itshekiri e urhobo. La questione della lingua non è secondaria in un film dove è stata fatta una scelta precisa su questo argomento: quella di non fare recitare gli attori nella propria lingua madre per rompere e sporcare il concetto di lingua pura.

Anche l’intreccio del destino dei personaggi, del loro rispecchiarsi reciproco risulta artificiale e sarebbe bastato approfondire il rapporto tra Aleksei e Jomo senza inserire il personaggio della sorella che purtroppo rimane solo un corpo, per quanto bello e affascinante, che balla.

È un film di fantasmi, si è scritto. Ma l’appropriazione del corpo di Aleksei da parte di Jomo non convince proprio perché manca un affondo nel personaggio del guerrigliero nigeriano.

Jomo zoppica

Il film, sicuramente ambizioso e complesso, gronda di citazioni. Apocalypse Now ovviamente, con il rimando all’originaria ambientazione africana del Cuore di tenebra di Conrad. Ma anche Gli amanti del Pont Neuf di Leos Carax.

Impeccabile la recitazione di Franz Rogowski nel ruolo di Aleksei, mentre Morr Ndiaye che interpreta Jomo non sembra aver interiorizzato a pieno il dramma del suo personaggio.

Ndiaye, originario del Gambia è arrivato in Italia dopo aver attraversato il deserto e passato un periodo in un centro di reclusione in Libia. È stato scelto dal regista che lo ha notato in un documentario realizzato a seguito di un laboratorio e ha accettato il ruolo pur sapendo che lo avrebbe portato a rivivere momenti drammatici del suo passato.

Intensa la recitazione di Laëtitia Ky, artista ivoriana, famosa per le sue acconciature/sculture esposte anche alla Biennale di Venezia.

Per la danza, elemento cardine per lo svolgimento della storia e lo sviluppo dei personaggi, il regista si è avvalso della collaborazione del coreografo nigeriano Qudus Onikeku e della musica psichedelica di Vtalic.

Il regista dice di aver realizzato un film politico sulla Francia. Ma mentre la Legione Straniera viene in qualche modo messa sotto il microscopio, il movimento del Mend galleggia nel nulla di una giungla da cartolina. Peccato.

 

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it