Nel 2013 nasce nel villaggio Lambarkiyne, nell’entroterra marocchino non distante da Rabat, una cooperativa di contadine che lavorano collettivamente i frutti della loro terra. È la loro esperienza a segnare il punto di svolta che allevia le fatiche di una comunità che soffre per il mancato diritto alla terra. Dopo la confisca dei terreni da parte dei francesi, l’avvento dell’indipendenza fa sì che tutto passi al demanio statale e alla gente non rimanga nulla.
Lo Stato decide infatti di mettere all’asta le terre confiscate, e quel pezzo di terra di 650 ettari, che la gente del villaggio coltiva, viene ceduto a un privato per 45 anni. Un tempo esorbitante per una comunità che si vede minacciata dal parlamentare che la vuole cacciare. È in quel contesto che nasce la prima associazione “l’agricoltore moderno”.
Ed è in quel contesto che le donne rivendicano protagonismo, la consapevolezza di un progetto che può essere pilota di un agire diverso di transizione ecologica, che coinvolge un intero villaggio e allarga i confini fino ad arrivare al Salone internazionale del gusto di Torino e alla vetrina di Slow food, che fanno conoscere in Italia questa realtà, che diventa un reportage giornalistico a fumetti, grazie ad Antonella Selva.
Nel lavoro di Selva si inserisce la battaglia della comunità neo rurale che abita l’appennino tosco-emiliano, la ritroviamo a Bologna nel mercato contadino di Campi aperti, perché certe storie di resistenza inevitabilmente si intrecciano.