Decine di persone sono state arrestate in Egitto questa settimana, in seguito alle proteste scaturite dopo l’annuncio della candidatura dell’ex generale Abdel Fattah al-Sisi per un terzo mandato consecutivo da presidente.
Fonti locali hanno riferito di contestazioni avvenute il 2 ottobre in diverse città, tra cui Ismailia, sul canale di Suez, e Marsa Matrouh, sul mar Mediterraneo.
Qui, durante una manifestazione filo-governativa, gruppi di giovani avrebbero iniziato spontaneamente a intonare slogan contro al-Sisi.
Nella città mediterranea, i media riferiscono di come le proteste siano state represse con 400 arresti e il sito egiziano di informazione indipendente Mada Masr parla di 67 giovani in attesa di processo per accuse tra cui “rivolta e danneggiamento di proprietà pubbliche e private”.
In vista dell’annuncio della candidatura, «erano stati fatti molti sforzi per organizzare eventi in tutte le città e assicurare ampia partecipazione per creare un’apparenza di sostegno popolare», commenta a Nigrizia Sayed Nasr, attivista e direttore dell’organizzazione Egyptwide.
«Ma a Marsa Matrouh questi assembramenti si sono trasformati in manifestazioni di protesta contro il regime».
Da parte sua, il ministero dell’interno ha diffuso un comunicato in cui dichiara che gli arresti sarebbero dovuti a una lite scoppiata tra giovani che volevano un selfie insieme ad alcuni “poeti libici”.
Sui social stanno circolando, oltre a post e tweet favorevoli al presidente in carica, video in cui i manifestanti intonano cori come “Vattene Sisi” accompagnati dall’hashtag “Il popolo vuole la caduta del regime”, reso celebre dal movimento che nel 2011 portò alle dimissioni dell’ex presidente Hosni Mubarak.
Il sito di fact-checking Saheeh Masr ha assicurato l’autenticità di alcuni di questi filmati, precisando che le manifestazioni sarebbero scoppiate in Alexandria street, nel centro di Marsa Matrouh, intorno alla mezzanotte del 2 ottobre.
«Le autorità hanno sistematicamente chiuso tutti i canali legali per denunciare problemi e organizzarsi pacificamente per chiedere delle riforme», commenta Leslie Piquemal, rappresentante presso l’UE dell’ong Cairo Institute for Human Rights Studies.
«Quando le persone sono così disperate, alcune si assumono il rischio di protestare. La situazione economica è estremamente desolante e non mostra segni di miglioramento».
Gli arresti di questi giorni arrivano dopo che, la scorsa settimana, le organizzazioni per i diritti umani avevano denunciato altre detenzioni che avevano colpito 73 sostenitori e membri del team elettorale di Ahmed Tantawi.
Quest’ultimo aspira a diventare il principale sfidante di al-Sisi, ma ha denunciato che i suoi sostenitori starebbero incontrando difficoltà nel far registrare le firme necessarie alla sua candidatura.
Il 25 settembre è stato annunciato che le elezioni, inizialmente previste per la prossima primavera, sono state anticipate al 10, 11 e 12 dicembre.
Questa settimana, parlando dalla NAC, la nuova capitale amministrativa dell’Egitto, poco dopo l’annuncio della sua candidatura, al-Sisi ha detto che gli egiziani devono essere pronti a soffrire «fame e privazioni» se questo è il prezzo per il progresso.
Il presidente ha inoltre evocato la possibilità di «distruggere» il paese distribuendo droga tra la popolazione impoverita.
In queste ore, evocando “rischi crescenti”, la banca di investimenti americana Morgan Stanley ha emesso una previsione negativa sull’economia egiziana. Quest’ultima è la più fragile di tutto il mondo arabo secondo l’agenzia Bloomberg, nonché seconda solo all’Ucraìna, a livello mondiale, per quanto riguarda la probabilità di una crisi del debito.
Da parte sua, oggi il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione in cui invita l’Egitto a tenere “elezioni credibili, libere ed eque”. Bruxelles ha chiesto anche il rilascio dell’editore e attivista Hisham Kassem, condannato a 6 mesi di prigione il mese scorso, nonché la “fine delle vessazioni” nei confronti di tutti gli oppositori pacifici, compreso il noto blogger Alaa Abdel Fattah.