Dopo una tregua di 24 ore che ha permesso la fornitura di assistenza umanitaria cruciale alla popolazione, in particolare nella capitale al centro del conflitto, la mattina dell’11 giugno sono ripresi con ancora maggior vigore i combattimenti tra l’esercito e le milizie Forze di supporto rapido (RSF), in corso dal 15 aprile.
Combattimenti che, secondo testimonianze raccolte da Reuters, sono stati tra i più pesanti da settimane, con battaglie di terra nel quartiere densamente popolato di Haj Youssef a Bahri e nei sobborghi controllati dalle RSF nel centro di Khartoum e nell’altra città gemella oltre il Nilo, Omdurman.
La guerra civile continua anche nella regione occidentale del Darfur e in particolare nelle capitali degli stati regionali El Geneina, El Fasher e Nyala.
Sono 3.637 i decessi segnalati fino al 2 giugno (fonte ACLED), mentre il conto di sfollati e rifugiati è salito a quasi 2 milioni di persone.
Di questi, circa 200mila sono fuggiti a nord, in Egitto, che però ha annunciato un inasprimento dei controlli. Se prima, infatti, aveva concesso l’ingresso libero a donne, bambini sotto i 16 anni e over 50, dal 10 giugno tutti i cittadini sudanesi devono ottenere il visto prima di attraversare il confine.
Un impedimento non da poco per chi fugge attraversando centinaia di chilometri di deserto, che ora si vede costretto a rivolgersi a un consolato egiziano in Sudan per ottenere “dispositivi elettronici necessari per eseguire questi regolamenti, garantendo l’ingresso ordinato dei cittadini sudanesi”, come fa sapere il ministero degli esteri egiziano.
In una nota si precisa che la misura non è pensata per “prevenire o limitare” l’ingresso di sudanesi, ma per fermare “attività illegali”.